Il 10 0ttobre, dal 1992, si celebra la Giornata Mondiale della Salute Mentale. Da un’indagine, condotta da Ipsos insieme al gruppo Axa, si evince che l’Italia, alla pari con il Giappone, detiene la percentuale più bassa di persone che avvertono di avere uno stato di pieno benessere mentale. Infatti, 1 italiano su 4 soffre di disturbi della sfera psichica e ad essere colpiti sono soprattutto i giovani e le donne, che sono sottoposti ad una quantità di stress maggiore, e molto spesso non si dispone delle risorse economiche necessarie per le cure. Ancora oggi si fa fatica ad accettare un aiuto professionale ed una diagnosi di disturbo mentale, ritendendo che sia solo per persone che hanno perso il senno.
La Dottoressa Carmen Parente, Tecnico della Riabilitazione Psichiatrica e specializzata in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie, e la Dottoressa Giulia Antonia Marotta, psicologa, iscritta al secondo anno di scuola di Psicoterapia Cognitivo Comportamentale, ci aiutano a capire meglio e ad analizzare il fenomeno e ci parlano di quanto sia importante la psicoterapia, soprattutto per i più giovani.
- Quanto è importante la psicoterapia al giorno d’oggi?
Dottoressa Marotta: “La psicoterapia è sempre stata importante, nella mia opinione, non solo al giorno d’oggi, forse adesso ci sono problemi che sono più evidenti e se ne sente più l’esigenza, ma i percorsi terapeutici sono di fondamentale importanza per l’essere umano”.
Dottoressa Parente: “Vorrei precisare che la psicoterapia non è solo un intervento rivolto a chi vive una sofferenza mentale. La psicoterapia è un percorso di crescita, è un modo di entrare in contatto con la parte più pura e vera di sé stessi, a cui spesso non diamo retta, e a cui invece dovremmo dare ascolto. Ognuno di noi assume spesso dei comportamenti automatici dettati da determinati schemi mentali, che si vengono a creare a partire dalle nostre esperienze, vissuti. Aspettarsi, ad esempio, che si verrà sempre delusi da un ipotetico partner perché c’è stata una delusione amorosa importante, potrebbe portare ad adottare un comportamento difensivo che tenderà ad evitare l’altro o ad attaccarlo in automatico, proprio perché di base c’è una visione negativa. Questo potrebbe provocare delle reazioni negative da parte dell’altro, confermando l’idea di non potersi fidare e quindi mettendo in atto un circolo vizioso. Riconoscere e comprendere questi schemi aiuta a mettere in discussione il proprio modo di vedere e agire e magari ad entrare in contatto con quella parte di noi, di cui parlavo prima, che cerca di dirci qualcosa e alla quale non riusciamo a dare voce”.
- Quali sono i suoi benefici sulla singola persona e sulla società? Quali sono le problematiche che più si riscontrano?
Dottoressa Marotta: “Al giorno d’oggi emergono molto i disturbi relativi all’ansia. Le forme di depressione e i percorsi terapeutici aiutano a mettere in ordine i propri pensieri, a riconoscere e prendere consapevolezza delle proprie emozioni e dei propri vissuti, delle proprie necessità e bisogni, aiuta a relazionarsi all’altro in maniera efficace. A comunicare in modo efficace”.
Aggiunge la Dottoressa Parente: “Soprattutto per quanto riguarda gli aspetti legati a quelle emozioni che erroneamente vengono definite “negative” quali tristezza e rabbia; migliorare le relazioni, siano esse familiari, di coppia, sociali, etc.; sviluppare maggiori capacità di problem solving e strategie di coping, ovvero quelle strategie che ci permettono di affrontare le situazioni stressanti”.
- Sono soprattutto i giovani a ricorrere alla psicoterapia? Se sì, perché? Quali sono le cause e le motivazioni?
Dottoressa Marotta: “Io penso che tutti sentano l’esigenza di occuparsi del proprio benessere psichico, sia i giovani che gli adulti. Però, oggi giorno, i giovani riflettono molto di più sulle loro preoccupazioni, sentono tanto parlare di autostima, di emozioni di identità di genere e orientamento sessuale, si fanno tante domande, vanno a scuola dove spesso possono confrontarsi con figure professionali che si occupano di benessere e salute mentale”.
- Con quale approccio bisogna rivolgersi a loro?
Dottoressa Marotta: “Accoglienza, accudimento, comprensione, essere sempre una guida e mai sostituirsi completamente a loro, educarli allo stesso tempo ad accogliere l’altro e alla comunicazione”.
- Al giorno d’oggi andare dallo psicologo è ancora un tabù? Se sì, come mai?
Dottoressa Marotta: “Non so se sia ancora un tabù, ribadisco oramai che i bambini, così come i giovani, sentono tanto parlare di emozioni, di gestione delle emozioni, di autostima così come anche di neurodiversità. Questi argomenti non sono più un tabù e andare dallo psicologo non è considerato solo per i “pazzi”, anzi c’è molta fiducia in chi svolge questo tipo di lavoro e noi abbiamo grandi responsabilità verso tutti”.
Dottoressa Parente: “Sicuramente, rispetto al passato, sono stati fatti grandi passi in avanti, ma non del tutto purtroppo. Ancora oggi, troppo spesso, lo psicologo viene visto come un tabù, o come “il dottore dei pazzi”, “lo strizzacervelli”. Lo stigma è ancora vivo, basti pensare al binomio psicologo – debolezza, quante volte ci è capitato di sentire “Bisogna farcela da soli” oppure “Un po’ di ansia è normale, capita a tutti, che bisogno c’è di andare a parlare con qualcuno?”. La domanda, tuttavia, mi sorge spontanea: perché se soffriamo di un mal di stomaco, un mal di pancia, o qualsiasi problema fisico ci rivolgiamo subito al nostro medico di fiducia, e perché invece se ci sentiamo demotivati, giù di morale, in difficoltà nella gestione di una situazione, sia essa lavorativa, familiare, personale, di coppia non dovremmo rivolgerci ad un esperto, che come detto in precedenza, possa aiutarci a guardare le cose da un’altra prospettiva?”.
- Come mai chi ha una patologia di origine psicologica subisce lo stigma della società?
Dottoressa Parente: “La patologia psichiatrica è purtroppo, da sempre, stata oggetto di stigma e, nonostante i numerosi passi in avanti fatti, ancora oggi chi vive una sofferenza mentale si trova non solo a dover “gestire” la propria patologia, la sintomatologia spesso invalidante, ma anche a dover rapportarsi con vissuti di emarginazione, isolamento, dovuti appunto allo stigma. Basti pensare a un concetto semplice, come quello dell’etichettare, per esempio, un paziente schizofrenico come un paziente violento. Il limitato livello di conoscenza della patologia, della sintomatologia, porta spesso a cattiva informazione e incremento di pregiudizi. Una persona con una sofferenza mentale, a mio avviso, dovrebbe essere vista al pari di una persona con una sofferenza fisica, per cui andare ad attivare un percorso di cura che investa varie aree, da quella della consapevolezza di patologia, al compenso farmacologico, al supporto psicosociale. Nel corso degli anni è andata crescendo la consapevolezza del tema, basti pensare al programma messo appunto dall’OMS “Open the doors”, avviato nel 1996, che ha come obiettivo proprio la lotta allo stigma legato alla schizofrenia, con la partecipazione di 14 paesi. La lotta allo stigma, avviata ormai da anni, prende diverse direzioni, come definito dalla WPA, ovvero la World Psychiatric Association nel 1996. Innanzitutto occorre una maggiore educazione al disagio mentale, con interventi di sensibilizzazione volti alla popolazione generale, interventi educativi e conoscitivi sulla patologia psichiatrica, anche in campo adolescenziale, quali ad esempio i disturbi del comportamento alimentare, esordi psicotici; e una revisione del modo di presentare i temi relativi ai disturbi psichiatrici da parte dei media; la scarsa correttezza e appropriatezza dei titoli, il linguaggio utilizzato, termini medici usati impropriamente etc. potrebbero andare ad alimentare pregiudizi e atteggiamenti stigmatizzanti. La conoscenza, l’informazione, ad oggi, sono le migliori armi per combattere lo stigma, anche mediante la visione del film, ad esempio cito “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, o anche “A beautiful mind”, che invitano ad una grande apertura e cambio di prospettiva riguardo al tema della salute mentale e della visione del “paziente psichiatrico”.
Dottoressa Marotta: “Io penso che l’uomo, l’essere umano, ha bisogno di dare un nome alle cose per riconoscerle. Spesso etichettiamo; nel mio ambito lavorativo sento spesso di parlare di “Bambini speciali” e ho utilizzato anche io questo modo di dire, soprattutto quando ero studentessa universitaria. Ora però ho capito che tutti siamo speciali e allo stesso tempo normali, a modo nostro”.
- La salute mentale dovrebbe essere un diritto, ma in Italia i costi per prendersi cura del proprio benessere psicologico sono troppo elevati. Molte persone sono costrette a rinunciarvi. Cosa si può fare al riguardo? Ci sono tipi di cure gratuite? Il bonus psicologo è servito davvero? Servono maggiori investimenti?
Dottoressa Marotta: “La salute mentale è un diritto e deve diventare come andare dal medico di base; ad oggi, le cose sono molto cambiate, come l’istituzione del bonus psicologico e l’ istituire una figura del psicologo di base. Presto la nostra figura professionale sarà un vero e proprio “medico di famiglia”, a cui potersi rivolgere così come si fa la medico di base. Sono fiduciosa”.
Dottoressa Parente: “La salute mentale è un diritto. Cito una frase dell’OMS, “Non c’è salute senza salute mentale”, per definire l’importanza della salute mentale in un’ottica di qualità della vita. Come si può pensare di dire di star bene, se non ci si prende cura della propria salute mentale così come ci si prende cura di quella fisica? Fortunatamente sono stati fatti grandi passi in avanti e figure, come quella dello psicologo, dello psicoterapeuta, dello psichiatra, del tecnico della riabilitazione psichiatrica, stanno entrando a far parte del nostro quotidiano, ma si, personalmente penso siano necessari più fondi, non solo per la figura dello psicologo, ma anche per eventuali campagne di sensibilizzazione, conoscenza della sofferenza mentale, dei centri presenti sul nostro territorio a cui affidarsi per la sofferenza mentale. Purtroppo, come ogni prestazione privata anche la visita dallo psicologo costa, come costa quella dall’ortopedico, ad esempio, ma è bene ricordare che esistono anche i servizi pubblici a quali potersi affidare tramite impegnativa del medico di base ed è pur vero che spesso i tempi di attesa sono lunghi, vista spesso la carenza di personale, ma è pur sempre un inizio”.
- Rispetto a dieci anni fa, i giovani di oggi sono molto più attenti alla propria salute mentale?
Dottoressa Marotta: “Sono più attenti perché al giorno d’oggi si parla di tante cose alle quali prima si prestava poca attenzione. Anche perchè una difficoltà scolastica adesso assume una valenza diversa rispetto ad una decina di anni fa; però, io che di anni ne ho 33 e ho lasciato il liceo nel 2009, mi ricordo che c’era anche allora la figura dello psicologo, c’era uno sportello dove noi studenti potevamo accedere. Quindi, in definitiva, la salute mentale ha sempre avuto la sua importanza, ora però ha una valenza diversa è di primaria importanza”.
Dottoressa Parente: “Si, a mio avviso, oggi si è più attenti alla propria salute mentale perché fortunatamente se ne parla di più. Ma essendo io di natura una persona che facilmente si accontenta, mi sento di dire che non siamo ancora a livelli eccezionali, perché, come ho detto in precedenza, lo stigma è ancora presente, cosi come i pregiudizi, ma penso che la strada intrapresa oggi grazie ad associazioni, professionisti, centri specializzati, sia quella giusta”.
- Quindi, in conclusione, come si capisce se si ha bisogno di un aiuto professionale? Cosa consiglia? Soprattutto a chi si trova in un momento buio?
Dottoressa Marotta: ”Io consiglio di parlare, di comunicare in modo efficace riguardo le proprie necessità, i propri bisogni, chiedere aiuto perché niente di quello che ci succede deve essere considerato poco importante, anzi, ognuno di noi dovrebbe allenarsi a porsi in un’ottica non giudicante dei problemi che ci porta l’altro. Imparare ad essere empatici, e su questo le scuole potrebbero fare veramente tanto! Per chi attraversa un momento buio consiglio di parlare, alzarsi, urlare, farsi vedere, chiedere rompere i silenzi anche se all’inizio si vuole piangere e urlare. Considero la salute mentale alla pari della salute fisica, tutti ne dobbiamo avere il diritto, il nostro benessere psico fisico è fondamentale per noi stessi e per chi ci circonda, per le persone che amiamo. Parola di psicologa e paziente al tempo stesso”.
Dottoressa Parente: “Il consiglio che mi sento di dare, come detto dalla collega, è quello di parlarne. Non è debole chi affronta se stesso, è debole chi non da ascolto ai propri bisogni, e li mette da parte. Se la nostra anima ha una mancanza, come un lavandino ha una perdita d’acqua, perché non rivolgerci a un professionista che possa aiutarci a ripararla? Come capire di aver bisogno di un aiuto? Fermatevi, ascoltatevi. Ascoltate la parte più vera di voi stessi, quella che non pubblicate su Instagram, quella che non fate vedere a nessuno, è quella la più vera ed e quella a cui bisogna dare retta. I momenti bui ci sono, ci saranno, ma ci serviranno per apprezzare meglio la luce e la strada fatta per raggiungerla”.