Il 17 aprile, alle 16.30, il Professore Hernandez, insieme alla prof.ssa Giuliana Albano, condirettrice della Scuola di Alta Formazione di Arte e Teologia della Pontificia Facoltà di Teologia dell’Italia Meridionale – Sezione San Luigi, ha condotto il webinar OpenArt, una Scuola a Posillipo. E’ stata la presentazione del Diploma di Arte e Teologia, un nuovo percorso di studi, peraltro unico in Italia. Il webinar, che in un certo qual modo, si sostituisce al tradizionale open day, è volto ad accogliere la platea interessata a ricevere conoscenze più approfondite sulla proposta formativa della scuola.
In merito a questa iniziativa, il direttore Jean-Paul Hernandez ha affermato: “La pandemia e il lockdown che stiamo vivendo ci ha separato di molte esperienze fisiche che normalmente avevamo e da cui ricevevamo vita. La pandemia ci ha negato le esperienze fisiche che sono rapporto tra i corpi, tipo i saluti, baci, abbracci, il mangiare insieme come momento di intimità, le visite ai familiari, agli amici, i raduni, concerti, sport in gruppo, tutte esperienze di contatto fisico ma anche tutte le esperienze di contatto con la natura, soprattutto quando in zona rossa non potevamo uscire di casa o ancora in zona arancione non potevamo andare in altro comune e, se il comune dove vivi non ha uno spazio verde, non puoi ricevere la linfa vitale che l’umano riceve dalla madre terra, cioè da quella materia che Dio ha creato e che è sacramento dell’ incontro con il mistero e dell’ incontro con noi stessi“.
“La natura è rivelatrice di chi siamo – continua il professore Hernandez – Tutto questo ci è stato tolto in una sorta di grande ritiro ritmato dalla notizia della morte di tante persone care. Nessuno di noi è del tutto immune dall’aver avuto almeno un parente vittima mortale del Covid e dunque dall’aver vissuto un ritiro con un ritmo di parole di morte, cioè con delle parole che ti mettono davanti al confine della vita e alla fine della vita, che è il luogo della domanda sul fine della vita, sul perché vivere; un ritiro in cui sei messo davanti al senso che vuoi dare alla vita. Questo ritiro obbligato che stiamo vivendo ha molto a che fare con l’arte. L’arte, l’elaborazione dell’opera d’arte, nell’umanità è sempre stata un tentativo di offrire, alla comunità o al singolo che osserva l’opera, questo tipo di ritiro. Cioè un astrarsi, perché l’arte non è natura, non è corpo umano né foresta né spiaggia ma è qualcosa di totalmente artificiale che ti toglie dal reale ma con la domanda sul senso del reale. Come il confinamento nelle nostre case, comporta il ripetersi di notizie di morte e l’interrogarci sul senso profondo di vita così chi guarda l’opera d’arte si interroga sulla chiave di lettura della realtà che quell’opera dà e consente di guardare la realtà in modo diverso. Artificiale è vivere in case e non spostarsi fuori comune, un artificiale forzato, ma questo confinamento può essere un’esperienza non lontana dalla contemplazione dell’opera d’arta, da quel ritiro rivelatore che è l’opera d’arte. La pandemia ci ha fatto riflettere molto sull’essenza di arte, sul fatto che possa ispirare il modo in cui costruiamo artificialmente il nostro vivere insieme, in confinamento, per farne un’opera d’arte”.
Il professore Hernandez non ha nascosto la difficoltà nel fare lezione on line agli 87 iscritti al corso perchè avrebbe preferito avere un contatto diretto in aula e trasmettere passione, sapere, esperienza e sapienza. Tuttavia, ciò gli ha permesso di parlare in modo nuovo dell’arte che unita alla teologia diventa una esperienza che ha a che fare con un incontro con Dio: “L’arte è contemplazione, è una finestra aperta. Sperimentare questo anche nell’insegnamento a distanza è ancora più forte in quanto è contemplazione, spiritualità e interpretazione profonda di cosa ci ha lasciato chi ci ha preceduto nella fede. Questo ci ha insegnato il confinamento, con il desiderio di tornare in presenza. Il ritiro è bello ma è più bello quando finisce”.
Per quanto concerne il programma didattico del corso, il professore Hernandez spera che si svolga in presenza al più presto: “Nel ritiro abbiamo imparato tanto. Il ritiro è per la vita non per se stesso. Il programma degli studi è articolato e ha una pretesa di una relativa completezza. In un anno si riceve una bella formazione passando da discipline più teoretiche fino allo studio più dettagliato di arte e architettura cristiana, anche sul territorio, in vista di eventuali sbocchi professionali. Un titolo così come è strutturato può essere adoperato nell’ambito dell’insegnamento della religione cattolica, della storia dell’arte o di materie umanistiche o nell’ambito della conservazione della gestione del patrimonio artistico e di arte sacra. Con il diploma si potrà valorizzare l’arte della nostra terra il cui patrimonio è straordinario ed ha un grande futuro”.
La nostra intervista è proseguita poi con la Professoressa Giuliana Albano, condirettrice della Scuola di Alta Formazione di Arte e Teologia della Pontificia Facoltà di Teologia dell’Italia Meridionale, che ci ha illustrato i destinatari del nuovo percorso accademico. Tale corso è rivolto agli insegnanti, ma anche a tutti coloro che siano interessati al tema specifico, che svolgano un’attività ecclesiale e possano giovarsi dell’arte come strumento di catechesi e pastorale. “Inoltre – continua la professoressa Albano – nell’ambito del Diploma di Arte e Teologia quest’anno verrà attivato un corso di alta formazione di 50 ore in collaborazione con la Fondazione Culturale San Fedele di Milano. Una realtà di alto profilo della Compagnia di Gesù, spazio aperto di dibattito culturale e artistico, di riflessione sociopolitica, di profonda esperienza spirituale, di pratica della solidarietà e della giustizia. Da sempre la Scuola rivolge particolare interesse all’aspetto didattico dell’arte, in senso ampio e generale, puntando alla conoscenza, comprensione e fruizione dell’arte sacra in relazione all’utilizzo della stessa come strategia comunicativa e partecipativa nell’ambito dell’insegnamento“.
La professoressa Albano si è poi soffermata sul significato di una sua pregressa dichiarazione rilasciata qualche giorno fa concernente il ruolo che svolge la Scuola di Arte e Teologia. “Oggi la Scuola di Arte e Teologia è un punto di riferimento per la formazione in campo artistico e teologico ma anche per la promozione del dialogo tra le culture a partire dall’arte, non solo a livello globale ma anche locale, dato il carattere multiculturale che i nostri territori vanno sempre più assumendo. L’arte è da sempre uno strumento che i popoli hanno usato per comunicare agli altri la propria bellezza. È memoria dell’uomo nella sua dimensione più autentica; un racconto declinato in mille credi e culture, espresso in una molteplicità senza fine di linguaggi, di manifestazioni, di rappresentazioni simboliche. L’arte è capace, comunque, di testimoniare come nessun’altra espressione umana il senso e i valori di un destino comune. Ma le difficoltà da superare non sono poche. La diversità culturale può rappresentare una vera e propria barriera, ma soprattutto può determinare incomprensione fino a bloccare ogni comunicazione tra persone appartenenti ad aree geografiche e culturali differenti. La chiave di volta in questo processo è definita dalla capacità di comprendere la natura e le conseguenze di tale diversità e di gestirla in maniera inclusiva e, in questo modo, l’arte può farsi via di dialogo tra culture diverse”.
Nella sua profonda riflessione non è mancato il riferimento a un discorso pronunciato da Papa Francesco a Napoli in occasione del convegno svoltosi nella Facoltà della quale è condirettrice. Secondo il Santo Padre: “Il Mediterraneo è proprio il mare del meticciato, se non capiamo il meticciato, non capiremo mai il Mediterraneo, un mare geograficamente chiuso rispetto agli oceani, ma culturalmente sempre aperto all’incontro, al dialogo e alla reciproca inculturazione”. La professoressa Albano ha concluso il suo pensiero con una riflessione molto profonda: “Per sua natura l’arte è apertura al dialogo, alla condivisione e i percorsi didattici proposti dalla nostra Scuola possono sviluppare questa capacità. Sicuramente è una sfida complessa ed impegnativa; per poterla vincere occorre essere disposti e capaci di cambiare la propria prospettiva naturale, di mettersi nei panni degli altri, fino al punto di “farsi tutto a tutti” per usare una espressione di San Paolo”.
Non ci resta che augurare ai discenti di questo nuovo percorso accademico un grande in bocca al lupo.