Un patto a 6 per gestire il flusso di migranti. E’ quanto fuoriuscito da una riunione a sorpresa tenutasi a Granada tra la premier Meloni e i leader di Gran Bretagna, Francia, Albania, Olanda e Commissione Ue. L’obiettivo è chiaro: fare sul serio nella lotta agli scafisti. Nel frattempo, però, i dati degli sbarchi restano preoccupanti. Secondo il sito del Viminale – aggiornato alle 8 del 15 settembre – dal primo gennaio in Italia sono sbarcati 127.207 migranti. Nel 2014 si toccò la cifra record dei 170mila sbarchi, salvo poi aumentare ancor di più nel 2016 (oltre 180mila). I numeri si abbassano decisamente (intorno alle 20mila unità) negli anni successivi grazie agli accordi tra Italia e Libia che forniscono finanziamenti e mezzi alla guardia costiera libica, da molte ONG però considerata una milizia non in linea con i crismi della legalità. Con la crisi in Tunisia e nuovi conflitti in Africa e Medio Oriente gli sbarchi sono ripresi a salire arrivando nello scorso anno ad oltre 104mila.
“Va considerato con attenzione che le nostre classi sono frequentate da circa 800 mila studenti, migranti o figli di migranti stranieri. Un decimo degli iscritti nei nostri istituti. Si tratta di un impegno educativo imponente – ha affermato il presidente Mattarella – Questi ragazzi studiano da italiani, apprendono la nostra cultura e i nostri valori, e possono costituire un grande potenziale per il Paese. Dal loro positivo inserimento può dipendere parte importante del futuro dell’Italia. La loro condizione di migranti, unita alle condizioni di povertà di molte loro famiglie, fa sì che siano esposti, decisamente più di altri, a ritardi o abbandoni scolastici. L’isolamento però non porta alla crescita del senso civico. Forme di separazione producono rischi gravemente insidiosi per l’intera società. Dobbiamo scongiurare il rischio di giovani che, crescendo al di fuori dei canali scolastici, traducano la loro marginalizzazione in rifiuto della convivenza o come impulso alla ribellione. Ecco perchè, a questo punto, è necessaria un’azione di ampio respiro e a diversi livelli“.
“L’integrazione non è facile, dipende da come viene fatta, dal modo in cui si fomenta la convivenza – ha dichiarato invece Papa Francesco – Il problema, in Europa, è che in alcune città si formano ghetti di immigrati e questo non è positivo, né per loro né per il Paese ospitante. Anche i giovani che hanno perpetrato un attentato con decine di morti e feriti vivevano in un ghetto che si è trasformato in terreno fertile perché fossero sottoposti a un lavaggio del cervello. Quale futuro può avere un giovane a cui, quando cerca un lavoro, sbattono tutte le porte in faccia per il semplice fatto di avere origini diverse?. Si tratta indubbiamente di una sfida complessa, ma è necessario andare oltre i pregiudizi e che gli stessi rifugiati facciano uno sforzo e si aprano a un nuovo contesto culturale senza perdere le loro tradizioni, che sono un arricchimento. Capisco certe cautele da parte dei cittadini e anche la prudenza delle autorità dei Paesi ospitanti perché in alcuni casi sono plausibili. Questo però non giustifica che da un certo timore si passi al terrore e si chiudano le frontiere. Perché non ci sediamo e non analizziamo come si può agire a favore dell’integrazione? E perché non stabiliamo anche quanti ne possiamo integrare? Anche in Europa ci sono eccellenti esempi di integrazione”.