Approvato il Def: bassa crescita e debito in salita per l’Italia nel 2019

di Vincenzo Persico

E’ stato approvato lo scorso martedì dal Governo il Documento di Economia e Finanza, più semplicemente noto come Def, che come da prassi delinea gli scopi che il bilancio dello Stato pluriennale intende perseguire e delimita l’ambito entro cui costruire il bilancio annuale. Lo scopo di questo documento è quello di permettere al Parlamento di conoscere con anticipo le linee di politica economica e finanziaria del Governo.

Quello che ne viene fuori è ancora una volta una sostanziale stagnazione economica del nostro Paese, con una crescita di pochi decimali superiore allo zero nonostante la spinta attesa da misure come il “Decreto crescita” e lo “Sblocca-cantieri”.

Il Pil si ferma, infatti, allo 0,2% rispetto all’ 1% stimato in legge di bilancio per quest’anno, per poi salire allo 0,7% nel 2020, ottenendo un’ulteriore spinta dello 0,2% dal Reddito di cittadinanza, mentre l’effetto di Quota 100 è pari a zero.

Il debito pubblico sale nel 2019 al 132,7% del Pil, dal 132,2% del 2018 a causa della “bassa crescita nominale“, per poi scendere al 131,3% nel 2020, al 130,2% nel 2021 e al 129,8% nel 2022.

Il deficit/Pil nel 2019 salirebbe al 2,4% dal 2% che era stato preventivato nelle ultime stime del governo, per poi scendere al 2,1% nel 2020 e all’1,8% nel 2021.

Sul fronte Iva il Def considera anche l’aumento per 23 miliardi che dovrebbe scattare a partire da Gennaio 2020 quando le cosiddette clausole di salvaguardia porterebbero ad un aumento delle attuali aliquote. Su questo punto però è lo stesso Salvini a promettere future coperture per scongiurare questa eventualità.

Nel documento vengono anche poste le basi per la riforma delle imposte sulle persone fisiche inserendo la “flat tax” a due aliquote del 15 e 20 per cento a partire dai redditi più bassi. Questa misura sarà coperta da una riduzione delle spese fiscali, salvaguardando quelle destinate al sostegno della famiglia e delle persone con disabilità.

Previsto poi un aumento degli investimenti pubblici nel prossimo triennio che dal 2,1 per cento del PIl registrato nel 2018 si porterebbero al 2,7 per cento nel 2022 ed un programma di disinvestimenti immobiliari per un ammontare di 1,25 miliardi, oltre agli 1,84 già previsti.

Infine, inserite tra le altre anche misure sul riordino dei sussidi per la natalità e la genitorialità, la promozione del welfare familiare aziendale ed il miglioramento del sistema scolastico e sanitario e delle relative infrastrutture, misure di spending review e di revisione delle agevolazioni fiscali, promozione e sviluppo della tecnologia 5G.

Si tratta comunque di numeri agganciati ad una serie di misure extra che tra quest’anno e il prossimo devono portare nelle casse dello Stato circa 47 miliardi alla causa di deficit e debito. Senza questi aiuti, molte delle previsioni sarebbero decisamente azzardate e porterebbero rischi ulteriori per l’accoglienza dei nostri conti pubblici in Europa e sui mercati internazionali.

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