DDL Zan: cos’è il decreto legge contro l’omotransfobia

di Carolina Cassese

Cos’è la proposta di legge Zan sull’omofobia e omotransfobia? La proposta di legge Zan è stata approvata alla Camera lo scorso novembre, la Lega però ne ha bloccato la discussione in Senato, generando la protesta dei partiti di Sinistra e di molti personaggi famosi, tra i quali i cantanti Elodie Fedez. Il testo normativo, negli ultimi giorni finalmente calendarizzato in Commissione al Senato, prende il nome di colui che l’ha proposta, ovvero l’onorevole Alessandro Zan (PD), politico e attivista LGBT, vittima di discriminazioni e aggressioni a causa della sua omosessualità.

Il testo si prefigge di contrastare le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale, identità di genere e disabilità, al fine di assicurare più tutela ad omosessuali e transessuali, vittime di episodi di violenza fisica e verbale all’ordine del giorno. Il provvedimento amplia il ventaglio dei delitti contro l’eguaglianza disciplinati dal Codice penale agli articoli 604 bis e 604 ter, aggiungendo altre fattispecie condannate quali i comportamenti discriminatori rivolti a disabili, omosessuali, transessuali e qualunque atto persecutorio motivato dall’orientamento sessuale. Alla Camera il testo della legge Zan ha ottenuto 265 voti a favore e 193 contrari. In Senato si attende la discussione dopo il passaggio travagliato che si dovrà avere in Commissione.

Il testo assembla precedenti progetti contro l’omofobia (in particolare i ddl Boldrini, Scalfarotto e Bartolozzi) e rafforza quanto già stabilito nella legge Mancino n. 25/1993: al divieto di discriminazione per motivi “razziali, etnici o religiosi” si aggiungono quelli fondati “sul genere e sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere”. Questa proposta di legge ha l’obiettivo di tutelare i diritti della comunità LGBT e punire il sessismo e la misoginia.

Quali sono le pene previste dal DDL Zan? All’articolo 604 bis (che punisce le discriminazioni razziali, etniche, nazionali e religiose) si aggiungono le condotte discriminatorie fondate su “sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere” punite in diversi modi:

  • la reclusione fino ad 1 anno e 6 mesi o la multa fino a 6.000 euro per chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione nei confronti delle categorie indicate;
  • la reclusione da 6 mesi a 4 anni per chi istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi discriminatori;
  • la reclusione da 6 mesi a 4 anni per chiunque partecipa o presta assistenza ad organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza verso le categorie discriminate.

Invece, la modifica all’articolo 604 ter aggiunge una circostanza aggravante per i reati commessi con finalità discriminatoria, odio etnico-razziale, religioso o per agevolare organizzazioni, gruppi, movimenti fondati su principi discriminatori. Per questi ultimi la pena è aumentata fino alla metà.

Il ddl Zan si compone di nove articoli. Esaminiamoli:

  • Il primo e il secondo articolo modificano rispettivamente l’articolo 604 bis e ter del codice penale su propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa ed aggiunge quelli fondati sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere.
  • Il terzo articolo modifica la legge Mancino del 1993 (“Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa“) e prevede una reclusione da 6 mesi a 4 anni per chi incita a commettere o commette violenza per motivi fondati sull’orientamento sessuale, oltre che quelli già previsti (razziali, etnici, riferiti alla nazionalità o religiosi).
  • L’articolo 4 modifica il codice 90 quater del codice penale e aggiunge le parole “fondato sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere” all’attuale articolo che prevede solo la fattispecie dell’odio razziale e riconosce persone lgbtq come vittime “vulnerabili”.
  • L’articolo 5 è quello che istituisce il 17 maggio come giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia.
  • L’articolo 6 prevede modifiche al decreto legislativo 9 luglio 2003, numero 215 sulla parità di trattamento tra le persone indipendentemente dal colore della pelle e dall’origine etnica.
  • L’articolo 7 aumenta di 4 milioni di euro all’anno il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, per finanziare le politiche per la prevenzione e il contrasto della violenza per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere e per il sostegno delle vittime.
  • Con l’articolo 8 si prevede che l’Istat realizzi almeno ogni tre anni una rilevazione statistica sugli atteggiamenti della popolazione che possano essere di aiuto nell’attuazione di politiche di contrasto alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici, di nazionalità o religiosi, oppure fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere. La rilevazione dovrà misurare anche le discriminazioni e la violenza subite e le caratteristiche dei soggetti più esposti al rischio.
  • L’articolo 9 si occupa delle coperture finanziarie.

La proposta di legge non piace alla CEI (Conferenza episcopale italiana), né ai partiti di destra, in particolar modo Lega e Fratelli d’Italia. Difatti, questi ultimi non ritengono opportuno una legge ad hoc contro atti e manifestazioni violente e discriminatorie fondate sull’identità sessuale e di genere. Secondo questi partiti e la Cei basterebbe la tutela offerta dalla legge Mancino che punisce i reati e i discorsi di odio fondati su nazionalità, etnia e credo religioso.

A differenza di molti paesi europei, in Italia non esiste ancora una legge specifica che punisce le discriminazioni e i discorsi di odio contro persone lgbtq. Il primo tentativo di introdurre una legge contro l’omofobia risale al 1996, quando il deputato di Rifondazione comunista Nichi Vendola presentò una proposta, che non fu approvata.

Altri sono contrari. La direttrice editoriale di Notizie Provita, Francesca Romana Poleggi, ritiene che questa legge “non serve, basta il codice penale”.  Anche Cristina Gramolini, presidente di Arcilesbica nazionale definisce la legge Zan un testo dilettantesco da modificare prima di approvare: “Ciò che mi fa paura di questa legge è la dimensione di definizioni errate o generiche di sesso, genere e identità di genere. La disabilità è stata messa per ungere il meccanismo e non c’entra nulla. È sorprendente che Alessandro Zan, che viene dal mondo LGBT, e il suo staff abbiano potuto redigere un testo tanto dilettantesco. Chiedo che ci sia una legge sull’omotransfobia, ma non così. Il testo va modificato e approvato. Io auspico una legge sull’omotransfobia perché penso si tratti di un passo avanti che fa la nostra vita associata. Averla significa mandare un messaggio culturale: il diritto a scegliere partner, a esprimersi senza correre pericoli. Io sarei stata più protetta se ci fosse stata una legge quando ero un’adolescente, una lavoratrice”.

Aurelio Mancuso, presidente Equality Italia dice invece di non aver “paura di questa legge, che si inserisce in un quadro mondiale che deve dare risposte sui crimini d’odio verso le minoranze, pensiamo all’antisemitismo, ai rom, all’omofobia o transfobia. Questo è l’alveo culturale in cui nasce. La violenza va condannata sempre, ma è vero che vi sono alcune categorie più colpite da violenza e discriminazione. Questa legge non chiede un privilegio e serve, ma così come è produrrà conflitti. Spero che venga approvata bene e presto. Serve ai ragazzi gay, lesbiche e trans che spesso vengono picchiati e discriminati anche nelle loro famiglie ”. Aurelio Mancuso approfondisce la questione politica al centro del testo Zan: “Alla Camera dei deputati non tutti nel centro sinistra erano d’accordo sull’indeterminatezza dell’articolo 1, all’articolo 4 c’è stata un’ulteriore correzione ed è stato recepito l’emendamento proposto dalla Commissione affari istituzionali“. Pesante è poi stata l’accusa mossa da Francesca Poleggi di Pro Vita secondo la quale tale legge sia fascista, Mancuso ha così risposto: “Ho paura di chi evoca il fascismo che gli omosessuali li mandava al confino. Voi di Pro Vita pensate che esistano famiglie cattoliche etero e sposate e tutti gli altri sono senza diritti. Siete avversari alla vita delle persone omo e transessuali. Sulle donne voi di Pro Vita avete un’idea da angelo di focolare. Un conto sono le critiche costruttive che vogliono far bene a questa legge, un conto voi. Siate più cristiani, guardate i dati dei suicidi per capire cosa subiscono i giovani omosessuali discriminati“.

Tanti, infine, gli artisti che stanno pubblicando una loro foto chiedendo l’approvazione del ddl Zan. Basti pensare a Cristina D’Avena, Alessandra Amoroso, i Tiromancino, Loredana Bertè. La campagna a sostegno della discussione della Legge Zan ferma al Senato è arrivata addirittura all’Isola dei famosi, dove la concorrente Angela Melillo ha mostrato un biglietto con su scritto “Ddl Zan”. #DdlZan è diventato ad oggi uno degli hashtag di riferimento della campagna “Diamoci una mano“, lanciata in rete dal giornalista Simone Marchetti, direttore editoriale di Vanity Fair Italia che è riuscito a coinvolgere tanti volti dello spettacolo e della cultura.

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