“Dallas Buyers Club”: la lotta della vita contro la morte rappresentata dall’AIDS

di Felice Sangermano

Dopo Philadelphia, probabilmente Dallas Buyers Club è il film più noto che tratta la tematica dell’AIDS, malattia che oggi è controllabile, ma che negli anni Ottanta e Novanta provocò la morte di milioni di persone. Jean-Marc Vallée dirige Matthew McConaughey, Jared Leto e Jennifer Garner in questa commovente pellicola del 2013 premiata con tre Oscar, fra cui miglior attore protagonista e miglior attore non protagonista, assegnati rispettivamente a McConaughey e Leto.

TRAMA Nell’America degli anni Ottanta Ron Woodroof (Matthew McConaughey), rude texano appassionato di rodei, scopre di aver contratto l’HIV. All’ospedale gli danno 30 giorni di vita. Superato lo choc iniziale, Ron, deciso a combattere con tutte le sue forze, comincia a informarsi sul morbo scoprendo verità sconcertanti riguardo l’AZT, un potente antivirale approvato dalla FDA, che però a quanto pare risulta estremamente dannoso per l’organismo umano, in quanto non si limita solo a distruggere il virus, ma anche le cellule sane. Benché gli effetti nocivi del farmaco siano ormai piuttosto evidenti negli ambienti ospedalieri, molti medici, interessati alle sovvenzioni dell’FDA, continuano la sperimentazione a danno dei pazienti. Dopo aver incontrato il dottor Vass, radiato dall’albo dei medici per via delle sue posizioni alternative nei confronti della medicina ufficiale, Ron comincia a curarsi con farmaci diversi dall’AZT che ne migliorano notevolmente le condizioni di salute. È a quel punto che il texano forma un’associazione insieme alla transgender sieropositiva Rayon (Jared Leto), il Dallas Buyers Club, i cui iscritti possono usufruire delle stesse medicine alternative usate da Ron. Quando il club accresce la sua popolarità, l’FDA comincia a indagare su Ron e a ostacolarlo in tutti i modi possibili. Solo la dottoressa Eve Saks (Jennifer Garner) si mostra solidale con Ron e Rayon e, dopo la morte di quest’ultima in seguito alla somministrazione di una forte dose di AZT, indirizza tutti i suoi pazienti verso il Dallas Buyers Club. Nel frattempo Ron intenta una causa contro l’FDA, ma il giudice, pur mostrandosi d’accordo con lui, dichiara di non avere il potere di cambiare la legge. L’impegno di Ron costituirà comunque una tappa fondamentale verso il diritto di ogni paziente di curarsi come desidera. La tagline finale del film ci informa che Ron morirà il 12 settembre 1992, cioè ben sette anni dopo la diagnosi terminale che gli dava solo un altro mese di vita.

Il film descrive in maniera efficace la minaccia subdola dell’HIV, nemico invisibile che spesso si annida nei luoghi di piacere e trasgressione, sottovalutato dall’ignoranza della gente comune che lo collega per lo più al mondo gay, salvo poi piombare nella disperazione più cupa in caso di contagio. Altrettanto efficacemente viene rappresentata la disumanità di molti medici e dell’FDA, interessati più al profitto che alla vita della gente.

Altro tema delicato toccato dal film è quello dell’omofobia: la malattia e il contatto con la transgender Rayon cambieranno poco a poco, ma radicalmente, il modo di pensare e di agire di Woodroof, che da omofobo incallito quale viene rappresentato all’inizio degli eventi diverrà alla fine uno dei migliori amici di Rayon, rimanendo profondamente sconvolto alla sua morte. Perché ogni stupida distinzione di genere viene meno di fronte alla morte. E allora non si è più omosessuali o eterosessuali, ma solo uomini. Piccoli e impauriti, eppure capaci di lottare come giganti. L’evoluzione del rapporto fra Ron e Rayon commuove e fa riflettere, rappresentando in definitiva uno degli aspetti migliori di tutta la pellicola. Per una volta, nulla da dire sulle scelte dell’Accademy: Oscar meritatissimi per McConaughey e Leto, splendidi interpreti che, per assumere le sembianze di veri malati di AIDS, hanno perso rispettivamente 20 e 13 chili.

La battaglia di Ron contro l’AIDS è la battaglia della vita contro la morte, che passa per nemici intermedi, ma altrettanto temibili, come l’ignoranza della gente (diffusasi la notizia della sua sieropositività, Ron perderà ben presto lavoro e amicizie) e la coscienza corrotta di medici e politicanti. E se oggi l’AIDS è stato almeno in parte “domato”, è anche grazie all’impegno di Woodroof che trovò la forza di sfidare il mostro rappresentato dall’HIV e l’apparato politico-sociale del tempo avviando un suo personale processo di redenzione e strappando quanto più terreno possibile alla morte.

Sceneggiatura magistrale che non risparmia feroci attacchi all’America degli anni Ottanta, in particolare al governo americano spesso rivelatosi per i malati più nocivo della malattia stessa. Regia e montaggio misurati e privi di sbavature. Dallas Buyers Club è un’ottima pellicola da ogni punto di vista. Capolavoro? No, ma comunque un gran bel film che saprà emozionarvi e che non dimenticherete facilmente. Dategli una possibilità.

 

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