I drammi del coronavirus nel Nolano: famiglie in ginocchio senza cibo

di Nello Cassese
concept of donation feeding the poor to help each other in society

“Nessuno sarà lasciato solo”. Il Governo lo ha detto chiaramente in ogni intervento pubblico, stanziando nuove risorse economiche per le persone indigenti. Una crisi nella crisi, il coronavirus ha fatto riaffiorare le storture del sistema, un meccanismo arrugginito che ha al suo interno una platea di famiglie sostenute da un unico reddito o da lavoretti in nero e saltuari. Per loro l’emergenza non è cominciata, è solamente peggiorata. “La chiusura delle attività ha tolto quel minimo di sostentamento a moltissime famiglie che si reggevano su delle precarie basi economiche ci dice padre Franco Picardi, frate cappuccino responsabile dell’associazione Lumi Viventi di Misericordia a Nola oltre agli ordinari, cioè quelle persone che venivano a chiederci aiuto ogni mese, abbiamo assistito ad un aumento di richieste“.

A Nola e nel Nolano la povertà non è mai stata una questione risolta e l’emergenza coronavirus ha contribuito ad alterare una situazione già delicata. La Caritas diocesana ha reso attivo h24 il dormitorio per senzatetto a San Giuseppe Vesuviano, il Comune di Nola ha attivato il Custode Sociale 2.0 per gli anziani bloccati a casa e ha fatto partire il progetto Carrello Sociale per la fornitura di beni di prima necessità alle persone in difficoltà. Difficile però mappare il territorio, solo i Lumi Viventi danno sostegno mensile a circa 60 famiglie del territorio, la mensa fraterna invece ogni giorno offre il pranzo a decine e decine di senzatetto e bisognosi. Ma la difficoltà è anche psicologica e tecnologica, tanti infatti sono gli anziani in difficoltà che non sanno come collegarsi ai servizi online e, non a caso, spesso si rivolgono direttamente ai carabinieri, emblema dello Stato assistenziale del secolo scorso. “Spesso non ci dicono che hanno bisogno di una mano ma noi lo capiamo ci confida padre Francoparliamo con qualche amico e diamo autonomamente un sostegno, a volte soldi se possiamo ma spesso cibo e beni di prima necessità. Alcune sono famiglie che prima non erano in stato di indigenza e che hanno anche dei titoli di studio ma qualche evento nella loro vita ha stravolto tutto, gli risulta quindi difficile presentarsi e chiedere direttamente una mano“.

Famiglie con bambini piccoli, di ogni estrazione sociale, di qualsiasi nazionalità: “Diamo una mano a molte famiglie di Nola e dei paesi limitrofi, oltre a qualcuna della provincia di Napoli – racconta ancora padre Franco – abbiamo aiutato anche una famiglia indiana a San Giuseppe Vesuviano, un ragazzo algerino e due ragazzi africani. In questo periodo si sono avvicinate anche alcune famiglie ROM, prima potevano chiedere un po’ di elemosina fuori la nostra chiesa e a volte arrangiavano come guardiamacchine ma ora che sono vietate le manifestazioni religiose non hanno neanche questa piccola entrata. Molte famiglie ora stanno arrangiando come possono, cucinando il pane in casa senza comprarlo, razionando il cibo e gestendo quei pochi risparmi che però finiranno“.

Indossa la mascherina ma il volto è corrucciato, un pezzo di stoffa non può nascondere certe emozioni, neanche a chi le vive quotidianamente: “Una storia mi ha particolarmente colpito negli scorsi mesi. Si tratta di una donna di una famiglia di medio livello, istruita e con un titolo. Per varie ragioni familiari non si è mai immessa nel mondo del lavoro ma la situazione è cambiata quando il marito ha perso il lavoro ed il figlio è purtroppo morto. La vita l’ha messa quindi davanti ad un bivio ed ha dovuto arrangiarsi con lavori saltuari come badante o donna delle pulizie. Ma non è la sola, un’altra situazione tremenda che ora mi viene in mente è quella di una signora anziana del Rione GESCAL. Con la pensione che ha potrebbe farcela ma deve sostenere un figlio che spesso deve essere ricoverato per alcuni problemi psicofisici ed una nipote, poichè la madre è morta ed il padre è fuggito“.

Alcuni non possono neanche pagarsi una ricarica telefonica – conclude padre Franco – noi diamo una mano come possiamo, a volte paghiamo qualche bolletta, spesso siamo fuori ai supermercati per raccogliere cibo che poi doneremo, ma a volte riceviamo anche ingenti donazioni da ingrossi. In questo periodo però potrebbe non bastare, penso che non abbiamo ancora assistito a nulla, nel prossimo mese le richieste aumenteranno. Non abbiamo grande disponibilità, stavamo cominciando il percorso burocratico per ricevere il 5×1000 destinato alle associazioni ma si è bloccato tutto per via dell’emergenza. Aiutiamo come possiamo, ci affidiamo alla Provvidenza“.

Il Governo ha forse davanti agli occhi le scene di assalto ai supermercati a Palermo, con le famiglie che volevano andar via senza pagare. Tutti, probabilmente, abbiamo anche nelle orecchie il suono riecheggiante di quei due commercianti che a Bari gridano in strada davanti ad una banca con rabbia e disperazione “NOI NON ABBIAMO SOLDI”. Una rivolta del pane, perchè che sia il 2020 o il 1400 la gente lotterà sempre per la propria famiglia e per una vita dignitosa. Questa emergenza potrebbe essere molto più grave di quel che pensiamo. Ne usciremo solo se non gireremo lo sguardo, questa volta non si può. Ad aprile è atteso il picco della pandemia, dovrà necessariamente arrivare anche il picco di solidarietà.

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