Contratti condominiali: come funzionano e a cosa servono

di Carolina Cassese

Spesso i condomini hanno difficoltà nel gestire la cosa comune e per tale motivo si dotano di un regolamento condominiale. Cosa è il regolamento condominiale e come va suddiviso? Il regolamento di condominio contiene un insieme di regole che tutti i condomini devono rispettare. La giurisprudenza lo ha definito «statuto della collettività condominiale, come atto volto ad incidere con un complesso di norme giuridicamente vincolanti per tutti i componenti di detta collettività» (Cassazione 12342/1995). Il regolamento regola la vita di condominio, indicando le norme da seguire sull’uso dei beni comuni, sulla ripartizione delle spese, sul decoro del palazzo e così via (art. 1138 c. 1 c.c.). È sempre redatto in forma scritta a pena di nullità (Cass. S.U. 943/1999) e si trova allegato nel registro dei verbali, tenuto dall’amministratore (art. 1130 c. 1 n. 7 c.c.).

L’ adozione del regolamento condominiale è obbligatoria negli stabili in cui il numero di condomini sia superiore a dieci (art. 1138 c. 1 c.c.), mentre la presenza dell’amministratore è prevista come obbligatoria nei condominii che abbiano più di otto condomini (art. 1129 c. 1 c.c.). La mancata adozione, nel caso in cui siano presenti undici o più condomini, comporta che ciascun proprietario possa attivarsi affinché l’assemblea provveda ad adottarlo. Le norme di riferimento sul regolamento condominiale si trovano nel Codice civile. Tra queste, si citano:

  • l’art. 1138 c.c. contenente l’indicazione delle maggioranze per la sua approvazione, il contenuto, le norme inderogabili,
  • l’art. 72 disp. att. c.c. sulle sanzioni previste in caso di inosservanza del regolamento,
  • l’art. 155 disp. att. c.c. sulle disposizioni di attuazione considerate inderogabili.

Il regolamento condominiale può essere contrattuale (o convenzionale) e assembleare (o maggioritario). La natura contrattuale del regolamento incide sui diritti dei singoli condomini inerenti alle parti comuni e anche sulla proprietà esclusiva di ciascuno, mentre, la natura assembleare del regolamento esclude l’inserimento di clausole che incidano sui diritti dei singoli. Hanno natura contrattuale le clausole limitatrici dei diritti dei condomini sulle proprietà esclusive, come il divieto di destinare l’immobile a studio dentistico o a circolo o a negozio, ovvero le clausole che incidono sulle proprietà comuni, introducendo limitazioni all’uso delle scale o dei cortili. Tale regolamento si configura come un contratto plurilaterale, avente una pluralità di parti e scopo comune (Cass. 12850/2008). Ciò comporta che l’azione di nullità del regolamento debba essere esercitata non nei confronti dell’amministratore, ma verso tutti i condomini, in litisconsorzio necessario (Cass. 12850/2008).

Il regolamento contrattuale o convenzionale è predisposto dall’originario proprietario di tutto lo stabile ed è richiamato negli atti di acquisto delle singole unità immobiliari e ciascun condomino vi acconsente al momento dell’acquisto. Il regolamento è allegato all’atto di compravendita o richiamato in esso, accettato dall’acquirente in sede di compravendita. Il regolamento contrattuale vincola tutti i condomini e anche i successivi acquirenti e visto che può contenere delle limitazioni alla proprietà esclusiva, è necessario che l’acquirente lo abbia accettato per iscritto.

Sono da prendere in considerazione due tesi contrapposte:

  1. secondo una di esse, il regolamento contrattuale vincola anche i successivi aventi causa purché sia stato trascritto (Cass. 21024/2016).
  2. secondo un’altra teoria, il regolamento contrattuale vincola i successivi proprietari, purché sia stato richiamato nell’atto di acquisto, senza che sia necessaria la trascrizione, in quanto deve ritenersi conosciuto o accettato in base al richiamo o alla menzione di esso nel contratto (Cass. 19212/2016; Cass. 22310/2016).

Circa la seconda teoria, la giurisprudenza (Cass. 19212/2016Cass. 10523/2003; Cass. 395/1993; Cass. 4905/1990) ha affermato che «le clausole del regolamento condominiale di natura contrattuale, che può imporre limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti, di loro esclusiva proprietà purché siano enunciate in modo chiaro ed esplicito, sono vincolanti per gli acquirenti dei singoli appartamenti qualora, indipendentemente dalla trascrizione nell’atto di acquisto, si sia fatto riferimento al regolamento di condominio, che – seppure non inserito materialmente – deve ritenersi conosciuto o accettato in base al richiamo o alla menzione di esso nel contratto […]. La trascrizione, salvo i casi in cui le sono attribuite particolari funzioni soltanto notiziali oppure costitutive, è destinata normalmente a risolvere i conflitti tra diritti reciprocamente incompatibili, facendo prevalere quello il cui atto di acquisto è stato inserito prioritariamente nel registro immobiliare. Presupposto indefettibile dell’operatività dell’istituto è quindi la concorrenza di situazioni giuridiche soggettive che risultino in concreto inconciliabili, alla stregua dei titoli da cui rispettivamente derivano. Una tale situazione di conflitto non si verifica però quando una proprietà viene espressamente acquistata come limitata da altrui diritti, per i quali una precedente trascrizione non è quindi indispensabile, in quanto il bene non è stato trasferito come libero, né l’acquirente può pretendere che lo diventi a posteriori, per il meccanismo della “inopponibilità”».

Pertanto, la clausola del regolamento di condominio di un palazzo che vieta di destinare i locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini a determinate attività incompatibili con l’interesse comune, tipo il divieto di destinare l’immobile a studio odontotecnico. Secondo la prima tesi, per essere opponibile ai successivi aventi causa a titolo particolare, tale regolamento necessita di trascrizione, essendo una servitù. Secondo la tesi alternativa è sufficiente che il regolamento sia stato richiamato nel contratto di compravendita e accettato dall’acquirente, senza che venga trascritto.

Il regolamento contrattuale prevale sulle norme del Codice Civile, eccetto le disposizioni espressamente indicate come inderogabili e le norme imperative. Il regolamento assembleare è adottato dall’assemblea condominiale con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio (art. 1138 c. 3 c.c. che richiama l’art. 1136 c. 2 c.c.). Ogni condomino può assumere l’iniziativa per l’adozione del regolamento contattando l’amministratore, che dovrà convocare l’assemblea. Il regolamento, una volta adottato, vincola alla sua osservanza tutti i condomini. Tale regolamento non può incidere sui diritti dei singoli condomini, sulle parti comuni, sulle parti di proprietà esclusiva. Quindi, il regolamento assembleare non può contenere: divieti di destinazione, vantaggi a favore di alcuni condomini e a scapito di altri. Tale regolamento non è soggetto a trascrizione, ma deve essere allegato al registro dei verbali.

Il regolamento, sia contrattuale che assembleare, non può vietare di possedere o detenere animali domestici. Permane il divieto di detenere animali pericolosi ai sensi della legge 150/1992. Il regolamento contrattuale, a differenza di quello assembleare, può contenere clausole limitative della proprietà, sia dei beni esclusivi che di quelli comuni.  Le suddette clausole possono limitare la destinazione d’uso delle proprietà esclusive, limitare le facoltà dei condomini, sia sulle proprietà esclusive che comuni, attribuire ad alcuni condomini dei maggiori diritti rispetto agli altri.

Ad esempio, per garantire la tranquillità e il decoro dello stabile, il regolamento può vietare che il proprietario destini a locale commerciale il proprio immobile. La giurisprudenza ha elencato una serie di clausole inserite nel regolamento contrattuale. È lecita la clausola del regolamento contrattuale che vieti qualsiasi intervento modificativo sulla struttura dell’edificio, a prescindere dall’alterazione del decoro architettonico (Cass. 1748/2013). È valida la clausola del regolamento contrattuale che, in ipotesi di distacco dall’impianto centralizzato, ponga a carico del condomino distaccato l’obbligo di contribuzione alle spese per il relativo uso in aggiunta a quelle di conservazione (Cass. 12580/2017). È valida la clausola di natura contrattuale che divida le spese di manutenzione per i beni comuni in parti uguali e non in misura proporzionale al valore della proprietà.

Le norme del regolamento non possono derogare alle disposizioni degli articoli: 1118 c. 2 c.c. in materia di diritti dei partecipanti sulle parti comuni, esclude la possibilità per il condomino di rinunciare al suo diritto sulle parti comuni; 1119 c.c. stabilisce l’indivisibilità dei beni comuni, esclusa la decisione assunta all’unanimità che, in ogni caso, non renda l’uso della cosa incomodo ai condomini; 1120 c.c. in materia di innovazioni, 1129 c.c. in materia di nomina, revoca e obblighi dell’amministratore, 1131 c.c. in materia di rappresentanza dell’amministratore, 1132 c.c. circa il dissenso dei condomini rispetto alle liti, 1136 c.c. sulla costituzione dell’assemblea e sulla validità della deliberazione, 1137 c.c. sull’impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea.

Inoltre, il regolamento di condominio non può derogare alle disposizioni di attuazione al Codice Civile (art. 72 disp. att.): art. 63 disp. att. c.c. sulle modalità di riscossione dei contributi, art. 66 disp. att. c.c. sulle modalità di costituzione e convocazione dell’assemblea, art. 67 disp. att. c.c. sulle modalità di partecipazione all’assemblea, art. 69 disp. att. c.c. sui casi in cui possono essere modificati i valori proporzionali delle singole unità immobiliari come espresse nelle tabelle millesimali. In conclusione, le clausole contenute in un regolamento condominiale che siano in contrasto con le norme indicate come inderogabili sono nulle e vanno disapplicate. Il regolamento contrattuale può essere modificato dai condomini. Le modalità variano dal tipo di clausola che si vuole modificare. Sono modificabili solo all’unanimità le clausole che incidono sui diritti soggettivi e sugli obblighi dei condomini; sono modificabili con la maggioranza di cui all’art. 1136 c. 2 c.c. le clausole che riguardano l’organizzazione o il funzionamento dei beni comuni (Cass. 3733/1987).

Il regolamento condominiale contrattuale può essere modificato con una delibera assembleare adottata all’unanimità, nel caso in cui la modifica riguardi le clausole che incidono sui diritti soggettivi e sugli obblighi dei condomini; viceversa, nell’ipotesi in cui la clausola riguardi le modalità d’uso delle cose comuni, l’organizzazione e il funzionamento dei servizi condominiali, è modificabile a maggioranza, benché sia inserita in un regolamento contrattuale (Cass. 208/1985).Il regolamento condominiale è soggetto ad impugnazione, essa è rivolta verso tutti i condomini, in caso di regolamento convenzionale (Cass. 9317/2009, Cass. 12850/2008), ma anche verso l’amministratore, in caso di regolamento assembleare. L’impugnazione è finalizzata a dichiarare la nullità o annullabilità del regolamento o di un suo articolo. Pertanto, la nullità può essere fatta valere in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse e può essere rilevata d’ufficio dal giudice, l’annullabilità può essere fatta valere solo dai condomini che non abbiano espresso voto favorevole alla deliberazione.

Il regolamento può essere impugnato con le regole previste in materia di comunione. Infatti, l’art. 1138 c. 3 prevede che i dissenzienti e gli assenti possano impugnare davanti all’autorità giudiziaria il regolamento: entro trenta giorni dalla deliberazione che lo ha approvato (dissenzienti); entro trenta giorni da quando è stata comunicata la deliberazione (assenti).

Decorso il termine indicato dal comma precedente senza che il regolamento sia stato impugnato, questo ha efficacia anche per gli eredi e gli aventi causa dai singoli partecipanti (art. 1107 c. 2 c.c.). L’art. 70 disp. att. c.c. dispone che per le infrazioni al regolamento di condominio possa essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino a 200 euro e, in caso di recidiva, fino a 800 euro. L’irrogazione della sanzione è deliberata dall’assemblea con la maggioranza dei presenti e 500 millesimi. Il regolamento contrattuale prevale sulla normativa nazionale o sulla giurisprudenza? Alla luce del predetto regolamento si possono collocare in un’area condominiale i tavolini di un bar? La Corte di Cassazione ha ritenuto che se non viene alterata la destinazione dell’area condominiale,l’apposizione dei tavolini nella stessa è legittima. Certamente, questo orientamento giurisprudenziale ha valore in presenza di un regolamento assembleare ma non in quello contrattuale, che essendo una norma speciale pattizia,prevale sulla normativa nazionale e sulla giurisprudenza.

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