Le conseguenze della pandemia di Covid-19, che ci ha afflitto negli ultimi due anni, sono state molteplici, ma quelle di natura psicologica sono considerate ancora di minore importanza e rilevanza. Si è parlato dei fastidi fisici riscontrati, anche a distanza di mesi, ma non degli aspetti psicologici constatati, non solo in seguito al contagio e alla malattia di coronavirus di per sé, ma anche dopo le innumerevoli chiusure e restrizioni che hanno messo a dura prova la sanità mentale di tutti. Era il 9 marzo 2020 quando, per la prima volta, veniva annunciato l’inizio del primo lockdown e dove cominciava a dilagare il panico tra la popolazione (negazionisti a parte), dovuto anche alla continua, insistente e drammatica sovra-informazione trasmessa dai mass media, quasi h24, sull’argomento.
Tra la gente, ancora oggi, si diffonde la paura di ammalarsi, di contagiare, di vedere morire i propri cari; si fanno i conti con l’ansia dell’esito dei tamponi, con i lutti, con il senso di impotenza e di incapacità a proteggere se stessi e gli altri, con una generalizzata angoscia, con lo scoraggiamento, con nuove modalità di vita (dad e smart working), con condizioni mai avute prima, che, inevitabilmente, si sono ripercosse sulla salute mentale.
Tutte le fasce di età, nessuna esclusa, hanno avuto le loro problematiche, in particolati i più giovani. A partire dalla popolazione pediatrica che, come riporta uno studio condotto dall’Università di Genova, sembra essere quella meno vulnerabile agli effetti sistemici del virus. Ciononostante, anche in considerazione delle continue regolamentazioni di chiusura di asili e scuole e di altri tipi di servizi sociali, a causa dei confinamenti e per il riflesso delle condizioni familiari contingenti (assenza o perdita dei nonni, genitori disoccupati o senza lavoro, scarsa socializzazione, violenza domestica, ecc..), anche il benessere mentale dei più piccoli ha subìto degli ingenti cedimenti. Nei bambini i disturbi hanno interessato soprattutto la componente somatica, le manifestazioni sono state: disturbi d’ansia (e somatoformi, come la sensazione di mancanza d’aria, ecc.) e i disturbi del sonno (difficoltà di addormentamento, difficoltà di risveglio per iniziare le lezioni della didattica a distanza).
Negli adolescenti, oltre a queste conseguenze, si aggiungono varie forme di depressione e disagio sociale e si è registrato un aumento dei disturbi dell’alimentazione e un’estesa apatia anche nel praticare hobby che prima si facevano tranquillamente con frequenza. Il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’ateneo Humanitas University riporta in una ricerca che afferma che tra i bambini e i più giovani, il 70% di loro ha appurato un forte calo di concentrazione nello studio. Nel 55° rapporto sulla situazione sociale del nostro Paese, il Censis invece registra un altro dato importate: l’81% dei dirigenti scolastici delle scuole secondarie di secondo grado, intervistati per valutare la situazione psicologica degli alunni, segnala che tra gli studenti sono sempre più comuni forme di depressione e disagio esistenziale, dovute soprattutto all’isolamento forzato e all’impossibilità di relazionarsi con i coetanei e di socializzare.
Inoltre, il dover stare in casa ha costretto molti ragazzi a dover sopportare degli ambienti familiari molto pesanti, che le uscite con gli amici e la frequentazione dell’ambiente scolastico permettevano di alleggerire in un modo o nell’altro e/o di chiedere aiuto. Simona Barbera, responsabile del C.P.S. Giovani dell’Ospedale Niguarda, dedicato alla prevenzione, diagnosi e terapia degli adolescenti e giovani adulti, ha affermato: “La verità, purtroppo, è che i giovani sono stati dimenticati come categoria. Credo che questo abbia influito molto sullo sviluppo di alcuni sintomi. Oltre a soffrire il peso dell’isolamento sociale, infatti, sono anche stati molto colpevolizzati, come se la responsabilità dell’aumento dei contagi fosse esclusivamente loro. Questo ha creato in loro un profondo senso di solitudine e demoralizzazione, quasi come se si fossero rassegnati”.
Negli adulti, invece, oltre ai più frequenti disturbi del sonno e d’ansia, c’è chi ha cominciato a manifestare disturbi ossessivi-compulsivi nei confronti della pulizia e dell’igienizzazione, ma c’è anche chi, nonostante i supermercati fossero sempre ben riforniti, immotivatamente ha fatto scorte esagerate di beni di prima necessità, o ancora chi ha tuttora paura di uscire di casa, senza contare quelli già affetti da alcune patologie mentali che hanno finito per acuirsi e peggiorare.
Tra le conseguenze psicologiche più importanti e più sottovalutate di tutte c’è anche la perdita di fiducia nei confronti delle fonti ufficiali di informazione. Su questa cosa ha influito il fatto che, essendo il Covid-19 un virus sconosciuto, come lo era la SARS ai suoi tempi, le autorità hanno risposto sulla base di progressi e di eventi registrati giorno per giorno, con raccomandazioni e comportamenti a volte risultanti non coerenti.
Inoltre, la cosiddetta sindrome del Long Covid, oltre ai disturbi di natura fisica, può provocare una serie di disturbi psicologici come ansia, depressione o problemi del sonno, anche a distanza di settimane o mesi dalla diagnosi e persino tra coloro che erano asintomatici o che avevano avuto sintomatologie lievi. Questi risultati derivano da uno studio, pubblicato sul British Medical Journal, condotto dai ricercatori del Veterans Affair St. Louis Health Care System, che hanno valutato alcune delle difficoltà associate al Long COVID. Una persona infettata dal Covid ha un rischio maggiore del 60% di sviluppare uno di questi disturbi rispetto a chi lo ha avuto.
Tutte queste sintomatologie della sfera psichica sono state messe da parte, al contrario di quelle legate al corpo. Il benessere psicologico, invece, dovrebbe avere la stessa uguale importanza e considerazione di quello fisico. Fortunatamente sembra che qualcosa si stia muovendo in questa direzione e che la sanità mentale stia, a piccoli passi, raggiungendo il rilievo di quella fisica; infatti, recentemente è stato istituito il Bonus psicologico ed, in alcune regioni come la Campania, la figura dello psicologo di base; entrambe le risorse aiuteranno le categorie colpite dal Covid e chi già prima del suo avvento aveva bisogno di assistenza e aiuto professionale.