“La doccia è milanese perché ci si lava meglio, consuma meno acqua e fa perdere meno tempo. Il bagno, invece, è napoletano: è un incontro con i pensieri, un appuntamento con la fantasia”, questa è solo una delle tante memorabili citazioni che si possono estrapolare dal film “Così parlò Bellavista“.
Così parlò Bellavista è un film commedia del 1984 diretto da Luciano De Crescenzo, tratto dal suo primo fortunatissimo romanzo (1977), divenuto un caso in Italia e nel mondo. Vero e proprio oggetto di culto ancora oggi, a più di trent’anni dall’uscita la pellicola trabocca di battute brillanti e dialoghi memorabili. La trama è composta da un susseguirsi di scenette spesso indipendenti fra loro e ruota tutta attorno al pensiero del professor Bellavista, simbolo di quella napoletanità fatta d’amore, a cui si contrappone invece la “milanesità” del dottor Cazzaniga, che rappresenta invece la libertà.
De Crescenzo, parlando del libro, ha più volte sottolineato come esso non abbia grosse ambizioni letterarie, ma rappresenti più che altro un’opera di divulgazione e di filosofia “pronta all’uso”. Nella stessa ottica va inquadrato il film, certamente limitato dal punto di vista tecnico e artistico, ma potentissimo nel suo lato umano. De Crescenzo non è un regista, ma uno scrittore che si cimenta (e si diverte) col cinema. Indimenticabili gli sketch della lavastoviglie, del cavalluccio rosso, le riflessioni sulla camorra, i pensieri poetici di Luigino il poeta (“Professo’, permettete un pensiero poetico? Siamo angeli con un’ala soltanto e possiamo volare solo restando abbracciati!”) e le numerose pillole di filosofia disseminate qua e là nella pellicola (“Come si fa a capire quando uno è stoico e quando uno è epicureo? È una cosa semplicissima: gli stoici amano i grandi obiettivi posti al di là della vita e per questi obiettivi loro sono disposti a morire […]. Noi no, noi siamo epicurei, noi ci accontentiamo di poco, purché questo poco ci venga dato al più presto possibile”).
Tutti i personaggi sono macchiette (tantissimi illustri caratteristi napoletani nel cast) e in quanto tali rimangono nel cuore, anche quelli minori, come Gigino, il venditore di bare a rate, o lo zio di Bellavista, “amico della signora Rinascente”, o ancora i fratelli Pasquale e Vincenzo Sorrentino, gli imputati del processo.
Film “invecchiato” bene. Descrive una Napoli che sta svanendo ma c’è ancora. Molte delle tematiche trattate risultano ancora attualissime. Da vedere e rivedere. Un’ultima osservazione: negli anni sono stati molti quelli che hanno accusato De Crescenzo di presentare in maniera troppo semplicistica concetti filosofici di ben altro spessore, finendo quindi per svilirli. Un po’ come succede con le letture dantesche di Roberto Benigni: sistematicamente qualche estimatore del sommo poeta proclama in tono polemico che Dante meriterebbe tutt’altro rigore critico. A parere di chi scrive, si tratta di critiche ingiuste: volgarizzare significa per l’appunto esporre in una forma facile e piana per arrivare a quanta più gente possibile (senza snaturare il messaggio originario, è ovvio). In questo, bisogna riconoscerlo, De Crescenzo coglie nel segno.
Gli uomini, dice il professor Bellavista, si dividono in uomini d’amore e uomini di libertà: ai primi piace vivere insieme, abbracciati gli uni con gli altri, ai secondi piace vivere da soli e non essere scocciati. E voi, da che parte state?