Un giorno ci ricorderemo di questo periodo. Un giorno ci guarderemo indietro e ci renderemo conto di essere diventati più forte. Per ora, però, dobbiamo fare i conti con la realtà e la nostra realtà ci dice che in Italia ci sono due vite che stanno proseguendo su binari paralleli. Una è quella di milioni di italiani che ora sono in casa e, probabilmente, non sono ben coscienti di cosa stanno vivendo. L’altra è quella delle migliaia di persone che silenziosamente e senza sosta stanno lavorando per far sì che questo momento passi più in fretta possibile e con meno danni di quelli che possiamo sopportare. Inevitabilmente perderemo qualcosa, sicuramente soffriremo, ma alla fine avremo le spalle più forti per affrontare il futuro. In tantissimi, nell’anonimato, si stanno battendo per preservare le nostre abitudini, la nostra serenità e la nostra salute. Una di questi è Valeria Nappi, 25 anni, partita da Nola con il sogno di fare l’infermiera ed ora catapultata nell’emergenza coronavirus in prima linea all’ospedale di Chieri (Torino).
“Qui a Torino la situazione è quella di tutta l’Italia, solo che la stiamo vivendo da qualche giorno prima rispetto al Sud – ci dice Valeria – Abbiamo intensificato i turni di lavoro, gli ospedali hanno bisogno di più unità per accogliere ed isolare i pazienti che possono essere affetti da coronavirus. Usiamo tutte le precauzioni del caso, le fasi di vestizione e svestizione sono più complesse, la situazione è delicata. Siamo tutti molto più stanchi e stressati per via delle relazioni con un pubblico che è ovviamente molto impaurito, ma Torino sta rispondendo alla grande, con un senso di civiltà davvero impeccabile“.
Ogni giorno si combatte contro un nemico in pratica ancora sconosciuto: “Il virus è aggressivo, sappiamo ancora poco di lui e, purtroppo, non colpisce solo anziani. Qui da noi abbiamo già ricoverato una ragazza di 24 anni, una signora di 44 ed un signore di 54 che è stato costretto all’intubazione perchè non riusciva a respirare. La situazione è davvero particolare, leggo di persone che cercano costantemente di eludere le nuove direttive governative. Fatta la legge, trovato l’inganno, questa volta l’inganno però lo si fa a sè stessi, le persone al Sud non hanno ben capito cosa stiamo vivendo. Non dobbiamo creare panico ma non bisogna neanche sottovalutare questa emergenza, tutto questo passerà ma solo se ognuno farà la sua parte e rispetterà le indicazioni. Io stessa, quando sono in casa, prendo delle accortezze per proteggere la mia coinquilina da eventuali effetti del mio lavoro“.
Valeria è una delle tanti menti giovani che dal Sud è emigrata al Nord per lavoro, lasciando una vita dietro di sè. Ma è anche un essere umano e, come tutti, ha paura: “Un mio amico di Torino ha perso il papà che si è contagiato e lui stesso è stato infettato, ora è in terapia intensiva in ventilazione. Anche io ho paura ma faccio sì che questa paura diventi la mia forza, non posso trasmettere sussulti o ansie ai pazienti. I turni lavorativi, soprattutto in questi giorni, sono estenuanti, psicologicamente sono distruttivi. Contemporaneamente però ricevo tantissimi messaggi di incoraggiamento e ringraziamento da parte di amici e conoscenti, questa gratitudine serve parecchio, è la vera carica“.
Una forza senza precedenti, che però Valeria ha ricevuto anche dalla famiglia che è a centinaia di chilometri di distanza: “I miei familiari sono in ansia per me, ovviamente. Un giorno ho avuto la febbre e loro si sono fatti prendere dal panico, non credevano neanche alle mie rassicurazioni, mi dicevano di mettermi in malattia, di non andare al lavoro. Li ho rassicurati, è andato ovviamente tutto bene e da quel giorno hanno capito di non dover avere paura per quello che faccio, anzi sono diventati un punto di forza e io per loro un punto di riferimento. So che hanno ugualmente paura per me, ma da loro ho bisogno di totale appoggio e positività. E lo stanno facendo, talvolta anche frenando i loro istinti. Questa è la mia carica“.
Dietro ad un computer, ad uno smartphone, ai fornelli di una cucina, la vita sembra oggi scorrere in maniera lentissima. C’è però chi è diventato eroe per caso, semplicemente svolgendo il proprio lavoro. Di loro ci dovremo ricordare, del loro lavoro dovremo avere rispetto. Ce lo ricorderemo quando tutto passerà. Andrà tutto bene, ma solo se ognuno farà la sua parte e andrà oltre il semplice slogan. A Valeria e alle altre migliaia di persone: grazie.