Beata ignoranza è un film di genere commedia del 2017 diretto da Massimiliano Bruno che ha per interpreti principali Marco Giallini (Ernesto), Alessandro Gassman (Filippo), Valeria Bilello (Margherita), Teresa Romagnoli (Nina), Carolina Crescentini (Marianna), Giuseppe Ragone (Gianluca), Emanuela Fanelli (Iris), Luca Angeletti (Ernesto Nazi), Luciano Scarpa (Mayer), Teodoro Giambanco (Lorenzo), Pietro De Silva (Ulderico), Guglielmo Poggi (Paolo Binetti) e Michela Andreozzi (dott.ssa Andreoli). Con un incasso di 3,8 milioni di euro nelle prime quattro settimane di programmazione in patria, il film vanta fra i riconoscimenti due candidature ai Nastri d’Argento 2017, rispettivamente miglior soggetto (Massimiliano Bruno, Herbert Simone Paragnani, Gianni Corsi) e miglior attore protagonista (Marco Giallini e Alessandro Gassman) e la candidatura al Globo d’oro dello stesso anno per la migliore commedia (a Massimiliano Bruno),
TRAMA Ernesto e Filippo sono due professori di liceo con due personalità agli antipodi. Filippo insegna matematica, è allegro, di mentalità aperta e passa il suo tempo perennemente in rete. Bello e spensierato, è un vero seduttore seriale. Le donne le cerca sui social network e si conquista la fiducia dei suoi studenti creando per loro un’app in grado di fornire immediatamente la soluzione a ogni tipo di calcolo. Ernesto insegna italiano, è severo e all’antica: il computer è per lui uno strumento di autodistruzione. Si è orgogliosamente tagliato fuori dalla rete e da tutto ciò che è innovativo e moderno: il suo telefono è un Nokia del 1995 e il suo televisore, che accende solo per sentire il discorso del Presidente della Repubblica è un tubo catodico anni ’90. Il suo rapporto con gli studenti è animato da uno spirito di austerità d’altri tempi. A rendere ancora più teso il rapporto fra i due docenti, un tempo amici fraterni, è ritrovarsi per caso ad essere colleghi nello stesso liceo. Sarà questo l’inizio di una rivalità che riaccenderà vecchi rancori mai sopiti ma anche l’occasione di un ritorno al passato per risolverli una volta per tutte quando nella loro vita si ripresenterà Nina. Giornalista, incinta, figlia illegittima di Filippo cresciuta e abbandonata da Ernesto, costringerà entrambi a sottoporsi ad un esperimento sociale per rimediare agli errori del passato: ciascuno dovrà rinunciare alle proprie certezze, Filippo stare fuori dalla rete ed Ernesto provare ad entrarci.
ANALISI L’azione scorre veloce attraverso rimandi in flashback che puntano a delineare i caratteri dei protagonisti. L’intento di suscitare il riso è ottenuto da interpretazioni impeccabili ed anche un occhio meno esperto può cogliere un intento di divertire esasperando i difetti di chi non riesce a cogliere il giusto utilizzo della tecnologia digitale. L’esperimento iniziato male svela pian piano ad entrambi dei lati positivi che la superficialità di uno ed il trauma di un altro avevano rifiutato di cogliere sancendo una mancata crescita interiore. Ma il tono leggero è solo un inizio apparente. Il ritorno al passato anticipato dalla figlia dimenticata che torna per un legittimo risarcimento riporta a galla rancori mai sopiti che verso la fine esplodono con inaudita e traumatica violenza psicologica ai danni di chi non c’entra. Un brusco e fallimentare ritorno alla vuota non-vita da parte dei due amici-rivali viene evitato da un ultimo e disperato appello della figlia ed il lieto fine che conclude la storia riaccende le risate e le speranze di crescita.
RISATE E RIFLESSIONI Alessandro Gassman e Marco Giallini sono due interpreti irresistibili che, sempre insieme e sempre diretti da Massimiliano Bruno, due anni dopo (Non ci resta che il crimine) daranno un’altra prova che farà divertire chi ha nel cuore gli indimenticabili anni ’80. Quello della nomofobia è un tema attuale che abbiamo già avuto modo di affrontare in un altro contesto tragi-comico di produzione nostrana (Sconnessi). Se altri possono obiettare che le risate offerte da un’interpretazione impeccabile non salvano un prodotto che non ha grandi pretese, la piega che prende la storia verso la fine rasenta il drammatico e offre un’altra importante riflessione su quello che la nostra superficialità odierna ancora rifiuta di capire.
Non è la tecnologia in sé il problema (Ernesto) ma il mancato impegno ad insegnare come usarla in modo davvero utile (Filippo). Il progresso non si può e non si deve fermare, ma bisogna ricordare che non esiste solo come strumento di svago per comodità offerte ma non guadagnate. Nell’insegnamento, settore della nostra crescita mai come ora spudoratamente martoriato ed in cui i libri e le esperienze sociali fuori dal digitale non si battono, così come nella vita in generale bisogna far capire ai giovani – ORA PIÙ CHE MAI – oltre che agli adulti quando e come il progresso tecnologico non si riduce a regresso umano.
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