Cosa si rischia in caso di detenzione di animali in condizioni inadeguate? L’art. 727 del Codice Penale stabilisce che chi abbandona animali, o li detiene in condizioni che non rispettano la loro natura e causano gravi sofferenze, può essere punito con l’arresto fino a un anno o con una multa tra 1.000 e 10.000 euro. La violazione di questa norma può avvenire in due modi: abbandonando un animale domestico; detenendolo in condizioni che non sono adatte alla sua natura.
Entrambi questi comportamenti sono reati e possono essere commessi solo dal proprietario dell’animale. La detenzione di un animale in condizioni inappropriate può essere considerata reato anche se avviene per negligenza. L’art. 727, comma 2 del Codice Penale, ritiene che la grave sofferenza dell’animale costituisca un elemento chiave della violazione. Questa sofferenza deve essere evidente dalle modalità di custodia dell’animale, le quali devono essere incompatibili con una condizione di benessere per l’animale stesso. Una sentenza della Corte di Cassazione, la n. 52031/2016, ha ribadito che il solo ambiente di detenzione, se non conforme alla natura dell’animale, può costituire un tormento. La Suprema Corte ha chiarito l’applicabilità della confisca nei casi di abbandono di animali, come previsto dall’art. 727 cod. pen. Tale decisione si basa sul secondo comma dell’art. 240 cod. pen., che prevede la confisca obbligatoria di oggetti la cui fabbricazione, uso, detenzione o alienazione costituisca reato, indipendentemente dalla pronuncia di una condanna.
Il reato si configura anche se l’animale è nutrito bene? Con sentenza n. 49791/2019 la Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un proprietario che teneva i propri cani in condizioni inadeguate: rinchiusi in gabbie sporche, esposti alle intemperie e ricoperti di escrementi, nonostante fossero nutriti adeguatamente. Il punto centrale della sentenza è che la semplice alimentazione adeguata non è sufficiente per considerare rispettato il benessere degli animali.