Quando cammino per le vie di Amatrice la prima cosa che noto è la familiarità che Peppe e Vincenzo hanno con la comunità del posto. Una confidenza che, a primo impatto, sembra essere frutto di mesi e mesi di conoscenza e condivisione. Solo 3 giorni dopo, alla fine del nostro weekend nella “città degli italiani“, vengo a sapere che l’esperienza nolana ad Amatrice non è durata neanche un mese nella sua totalità. La domanda quindi non è quanto sia durato questo legame, ma come. L’intensità di questa esperienza è stata eccentuata, come è ovvio che sia, dal contesto ma anche dalla qualità umane in gioco.
Ma cosa lega le comunità di Nola ed Amatrice? La città che rischiava di scomparire dopo il terremoto, ora ha ripreso a vivere, a costruire e a guardare avanti. E lo ha fatto grazie ai tanti volontari e ad enti come la CARITAS. È qui che si trova il legame forte, intenso, con Nola.
Un anno dopo il sisma, infatti, la diocesi di Nola rispose al richiamo di quella di Rieti, la quale proponeva esperienze di volontariato nelle aree colpite dal sisma. Ogni anno la CARITAS offre “esperienze di servizio” e quell’anno un gruppo di azione cattolica della diocesi nolana (una delle più grandi) scelse Amatrice come meta solidale. Due anni, poco più di 20 giorni, due diversi gruppi di 20 volontari, un progetto semplice ma, per l’appunto, intenso.
Tanti hanno lasciato un pezzo di cuore nel paesino rietino, come i tre ragazzi che ci hanno trasmesso le loro esperienze e che ci hanno fatto vivere di persona la vita della comunità amatriciana. Vincenzo Napolitano, Peppe Franzese ed Enrico Franzese, quest’ultimo anche responsabile, assieme a Carmine Trocchia, del progetto. I giovani, giunti ad Amatrice, hanno collaborato con la CARITAS del posto, seguendo le loro direttive e svolgendo le più disparate mansioni, dal servizio mensa alla riparazione di fienili e strade, passando per l’assistenza domiciliare in casa. Un anno dopo il terremoto la città aveva bisogno di ripartire, con tutte le forze e le braccia che potevano dare sostegno.
“Non siamo andati lì per migliorare la situazione – mi confida Enrico – ci aspettavamo una situazione complicata, avevamo molta ansia, ma eravamo forti dei valori che ci hanno trasmesso le nostre esperienze in azione cattolica. Cuore, passione, impegno, era questo quello che potevamo offrire e lo abbiamo fatto“.
“Il centro storico era distrutto e noi abbiamo contribuito per pochi giorni al funzionamento di un centro d’ascolto, dove i cittadini potevano trovare un punto di riferimento e dove si svolgevano diverse attività di socializzazione e coinvolgimento – mi dice Peppe, parlando della sua esperienza – “All’inizio furono sorteggiate le mansioni, a me capitò il compito di essere nel centro d’ascolto; accoglievo quindi le persone per una giocata di carte, per un aperitivo, per una chiacchiera. Mi raccontavano le loro storie, si sono creati legami, mi racconta invece Vincenzo. “I volontari erano dislocati nei campi nella frazioni, noi ci vedevamo solo la sera a Torrita, durante la giornata ognuno dava il suo contributo. Sveglia presto la mattina e ci rimboccavamo le maniche. Prendevamo la navetta e passavamo per le vie del paese e delle frazioni, facendo salire i bambini che non potevano essere accompagnati al campo estivo; quella è stata una cosa molto toccante: passare per le macerie, vedere le devastazioni“, continua a raccontare Peppe. “Tu che non hai mai vissuto il terremoto ne esci segnato, quando passavamo con il pulmino vedevamo palazzi crollati, arredamenti ancora sotto le macerie, un’esperienza indescrivibile“: conclude Vincenzo.
Le parole che usano per descrivere questa esperienza non spiegano il legame creato con la gente del posto che, anche a distanza di due anni, ha aperto le porte delle loro case d’emergenza per condividere anche una semplice partita di calcio in tv. “Hanno dato più loro a me di quanto non abbia fatto io – mi confida Enrico – Siamo tutti tornati con qualcosa in più, ci hanno insegnato il valore delle piccole cose, il popolo di Amatrice è vivo, si reinventa, non si abbatte. È stata una bellissima testimonianza di fede“.
Alla fine di questo viaggio ad Amatrice ho avuto conferma di tutto, sono rimasto anche sorpreso, eppure non avrei dovuto esserlo: “Quando andrai lì lascerai un pezzo di cuore” mi aveva detto Enrico. E così è stato. Quando si perde tutto, si trova la forza di partire dalle piccole cose, si riscoprono i valori veri delle persone. Ecco perchè il legame tra le comunità di Nola ed Amatrice lo reputo così forte. Perchè è genuino, è sincero. È vero.
A chi ha perso tutto, e riparte da zero.