La faccia verde, i capelli rasati, le mani fasciate. Si presenta così, irriconoscibile, Elena Milashina. La giornalista russa è stata brutalmente picchiata assieme al suo accompagnatore mentre era in Cecenia.
“Fare i giornalisti e occuparsi di diritti umani in Russia ha un costo altissimo: ne sono testimoni le uccisioni di Anna Politkovskaja nel 2016 e della sua erede professionale, Natalia Estemirova, tre anni dopo – si legge in un comunicato di Amnesty – Ad Elena Milashina avevano promesso che sarebbe stata la terza, da quando nel 2017 fece sapere al mondo che in Cecenia gli omosessuali venivano rapiti, torturati e uccisi e da quando, nel 2020, aveva denunciato che, etichettate ufficialmente come terroristi, le persone positive al Covid-19 rinunciavano a chiamare i medici o a recarsi in ospedale“.
La giornalista è stata fermata mentre si stava recando nella capitale Grozny. La sua automobile è stata circondata, uomini dal volto coperto l’hanno cacciata fuori con la forza e l’hanno picchiata, fratturandole le dita di una mano, l’hanno rasata e le hanno versato addosso del liquido colorato. Un’intimidazione che non ha bisogno di altre spiegazioni. Il clima in Russia è sempre più rovente contro i giornalisti.