In quali circostanze si può giustificare una richiesta di risarcimento per adulterio? Quando è possibile chiedere una somma come risarcimento per le ripercussioni psicologiche generate dal tradimento? Di norma, il tradimento è causa di addebito. L’addebito è l’imputazione della responsabilità per la fine del matrimonio da parte del giudice nei confronti di colui che ha causato la rottura della relazione coniugale. I motivi di addebito attengono la violazione del dovere di: fedeltà; coabitazione; reciproca assistenza materiale e morale; collaborazione agli interessi della famiglia; rispetto reciproco.
L’addebito comporta l’impossibilità di chiedere l’assegno di mantenimento, qualora se ne avesse avuto diritto, la perdita dei diritti successori nel caso in cui l’ex coniuge dovesse decedere prima del divorzio. L’addebito non genera l’obbligo di risarcire i danni al coniuge tradito.
Per ottenere il risarcimento da infedeltà coniugale, invece, è necessario che la coppia sia sposata e che il tradimento sia esclusiva causa della rottura del matrimonio, ovvero, non deve risultare che la coppia fosse già in crisi per ragioni differenti. Spetta al traditore provare che l’unione era già “ai ferri corti”, il che ricorre quando marito e moglie non hanno più rapporti sessuali, dormono in letti separati, litigano in continuazione, oppure quando uno dei due è violento o abbandona la casa o ha manifestato all’altro la volontà di lasciarlo.
Ultimo requisito per poter chiedere il risarcimento per tradimento è la prova del danno alla dignità personale oppure alla salute. Il danno alla dignità personale si verifica quando il tradimento viene consumato in ambienti pubblici, divenendo noto e che pertanto giustifica il diritto al risarcimento del danno morale. Anche il semplice comportamento equivoco, che generi sospetti di una relazione adulterina, indipendentemente dal fatto che questi siano fondati o meno, è causa sia di “addebito” per la separazione, sia di risarcimento del danno.