La guerra in Ucraina ormai sembra non fermarsi e, soprattutto nelle prime settimane, milioni di ucraini sono scappati dalla propria terra. Nel Nolano e nel basso Vesuviano la Caritas Diocesana di Nola ha attivato sin da subito personale e strutture, uno su tutte il Centro Elim di Somma Vesuviana. La rete diocesana sta dando ospitalità ad oggi a circa 120 persone provenienti dall’Ucraina. Ad affermarlo è Raffaele Cerciello, vicedirettore della Caritas Diocesana di Nola: “Il numero dipende molto dai processi di inclusione sociale e lavorativa i cui tempi restano molto veloci. Il nostro lavoro è improntato sulla nostra stessa identità, ovvero studio accurato di ogni caso per proporre l’accoglienza più adeguata – aggiunge – La maggior parte di loro sono donne e bambini e praticamente tutti hanno volontà di tornare in Ucraina, ma ovviamente non possono. Stiamo spingendo, grazie ad avvocati ed altri professionisti, gli imprenditori ad accogliere ed includere queste persone grazie soprattutto agli strumenti dati dal Governo“.
“Noi, sempre sulla base della nostra metodologia, abbiamo creato subito un’equipe di lavoro: un pediatra, uno psicologo, un mediatore culturale, il rappresentante della comunità greco-ortodossa, oltre ai parroci ed ai referenti della Caritas – sottolinea Cerciello – Così facendo, ad oggi, abbiamo in un certo senso governato la confusione che si poteva creare in un momento così delicato. Grazie poi alla collaborazione con la Caritas ucraina ed all’inclusione all’interno della Cabina di Regia della Prefettura di Napoli siamo riusciti a conoscere subito nuove istanze di aiuto. Questo, in particolare, ha portato alla creazione di un hub della Prefettura proprio qui a Somma Vesuviana nel nostro centro in modo da ridurre tempi e spostamenti dei richiedenti assistenza ma anche defaticare il lavoro della stessa Prefettura a Napoli“.
“Vorrei ringraziare il nostro pediatra, il dottor Antonio Pallo, e il nostro psicoterapeuta, il dottor Giuseppe Auriemma – afferma ancora il vicedirettore Cerciello – Grazie a loro abbiamo potuto accettare diverse sfide. Ci siamo concentrati soprattutto sull’accoglienza di mamme con bambini piccoli con malattie o disabilità. Grazie a questo lavoro hanno potuto continuare qui i percorsi di cura. E’ il caso, ad esempio, di un bambino affetto da spina bifida e che, scappato dall’Ucraina, qui ha trovato accoglienza ma anche assistenza grazie al nostro lavoro ed all’intervento del Santobono e dell’Asl. Noi ci siamo sentiti meno soli e così abbiamo potuto aiutare la mamma e il suo bambino“.
“Anche questa emergenza ci ha dimostrato che un reale lavoro di rete, dove si mettono in comune le risorse a prescindere da chi sei, ci ha fatto vivere questa accoglienza in maniera più sostenibile – ha sottolineato – Non so cosa succederà in futuro ma io dico: continuiamo. Lo dico soprattutto ai servizi sociali dei Comuni. Vediamoci insieme ai tavoli, non solo in fase di emergenza. Il nostro obiettivo resta quello di accompagnare queste persone verso il raggiungimento del loro desiderio, che possa essere restare qui o tornare in Ucraina – ha chiosato Cerciello – Poi c’è da domandarci: che tipo di comunità saremo? Riusciremo a dire di no ad un migrante che dorme in strada ai nostri piedi dopo questa nuova emergenza umanitaria? Siamo cambiati dopo questa esperienza? Siamo capaci di essere solidali con tutti? Anche, magari, con chi dorme in strada, a cui facciamo la foto ma non chiediamo nulla. Questa è la mia provocazione“.