“Viaggiare in giro per il mondo a volte non basta”: viaggio al centro del proprio Io

Considerazioni di un viaggiatore scrittore

di Luca Marro

Wow, I am back. Stavolta mi sembra di averci messo una vita a riprendermi. Gli ultimi mesi non riuscivo a scrivere. Ero bloccato, però non è che avevo il blocco dello scrittore. Era una cosa più profonda. Stavo in uno stato d’animo difficile da spiegare. Forse la spiegazione clinica sarebbe depressione. O forse sto esagerando. Fatto sta che non è la prima volta che mi sento così. Ogni tanto cado in questo stato catatonico dove tutto diventa più scuro. La mia testa si trasforma in una dark room. Ogni problema che mi si para davanti mi sembra impossibile da superare. Mi sento inutile, debole, vittima del mio ambiente e delle mie scelte. Nonostante tutti i miei sforzi. Nonostante provi a essere più sicuro di me, più felice, più coraggioso. Nonostante mi metta a viaggiare mezzo mondo. Questa tristezza sta sempre là che mi aspetta. Mi sento come se non fossi abbastanza. Come se non avessi mai fatto abbastanza. Cado in questo stato di perenne vittimizzazione e mi flagello per ogni cosa fatta e non fatta, detta o non detta.

Pure i miei sogni mi confermano questa sensazione. Ogni notte mi succede più o meno la stessa cosa. Sogno di correre o di pedalare in bicicletta con tutte le mie forze senza però riuscire ad avanzare. Ho sempre legato queste sensazioni di inadeguatezza, poca autostima e debolezza alle mie delusioni lavorative. Invece, mi sa che mi sbagliavo.

Stavolta m’è venuto un dubbio: vuoi vedere che ci sta qualcosa di più serio alla base di tutto questo? Questo mio stato d`animo ricorrente non può essere collegato esclusivamente alle mie scelte lavorative. Deve esserci qualcosa di più intimo, meno superficiale. Sarà colpa di qualche trauma represso, o qualcosa legato all’infanzia. Non lo so. Quello che so per adesso, è che questo mio malessere è perenne, non nel senso che è continuo ma nel senso che pure quando se ne va poi ritorna sempre.

Nonostante tutti i miei sforzi. Nonostante provi a essere più sicuro di me, più felice, più coraggioso. Nonostante mi metta a viaggiare mezzo mondo. Questa tristezza sta sempre là che mi aspetta. Come se ne fossi schiavo o quasi dipendente. E’ una relazione tossica che non mi riesco a spiegare.

Aspetta un attimo. Se tutto questo è vero, vuol dire una cosa sola. Mi viene difficile scriverlo, ma avevo detto bene all’inizio. Sono depresso. La realizzazione di esserlo mi terrorizza, più della sensazione in sé. Mi sembra un fallimento totale. Non pensavo avrei mai fatto parte di questa categoria di persone che ho sempre sentito così lontane da me. Questa cosa non mi piace. Non voglio essere un depresso tipo quegli scrittori maledetti. Chi era Manzoni? No quell’altro là, come si chiama? Ah si, Leopardi.

Però sono trent’anni che cado e mi ritrovo sempre nella stessa situazione. Senza forze, senza autostima, impaurito dal futuro. Non voglio passare il resto della mia vita a continuare ad essere ciclicamente depresso, patetico e piagnone. Cosa fare, allora? Risposte sicure non ne ho. Una cosa è certa, però, non voglio che questa depressione mi definisca. Non sono la mia tristezza, o per lo meno non sono solo quello. Per cui non mi sembra giusto lasciarla mettermi KO ogni volta che vuole. Mi piacerebbe imparare a gestirla meglio, senza distruggerla. Anche perché non penso sia possibile farlo. Questa mancanza è parte di me, e cancellarla vorrebbe dire cancellarmi.

Non lo so se è chiaro il concetto, pure a me resta difficile da comprendere a volte. Il punto è che non ho la minima idea di come andrà avanti sta storia. Sta a me agire nel modo giusto, piano piano senza abbattermi con un aiuto che mi dia le armi giuste per affrontare questa situazione. Ora però non voglio continuare ad ammorbarmi. Devo trovare un modo per concludere il pezzo con un pensiero positivo. Altrimenti poi veramente mi pare di aver fatto il classico articolo da depresso senza un minimo di speranza futura.

Mi piacerebbe scrivere qualcosa di ispiratore, ma sono due ore che penso a cosa dire e non mi viene niente. L’unica cosa che sono riuscito a trovare è mezzo verso di una canzone di Jovanotti di 20 anni fa che canticchio non stop da stamattina. E allora: “Io penso positivo, perché son vivo, perché son vivo e niente e nessuno al mondo potrà potrà fermarmi dal ragionare”.

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