L’Italia ha dichiarato la maternità surrogata un reato universale

I cittadini italiani che ne beneficeranno all'estero saranno puniti ugualmente

di Carolina Cassese

Il 16 ottobre il Senato ha approvato la legge che qualifica come reato la surrogazione di maternità commesso all’estero da un cittadino italiano. L’art. 12, comma 6, della Legge n. 40/2004 (“Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”) descrive due differenti fattispecie penali, entrambe punite con la reclusione da 3 mesi a 2 anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro:

  • la realizzazione, organizzazione o pubblicizzazione del commercio di gameti o di embrioni;
  • la realizzazione, organizzazione o pubblicizzazione della surrogazione di maternità.

In ipotesi di condanna, in base all’art. 12, comma 9, il medico è soggetto alla pena accessoria della sospensione dall’esercizio della professione da 1 a 3 anni. Per l’art. 12, comma 10, la struttura presso cui è stata praticata la PMA è soggetta alla sospensione dell’autorizzazione a eseguire interventi di procreazione assistita e alla revoca della medesima in ipotesi di recidiva o di plurime violazioni dei divieti previsti dall’art. 12. Il primo reato, sulla commercializzazione di gameti ed embrioni, viene codificato dopo la sentenza n. 162/2014 con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del divieto di fecondazione eterologa.

Richiamando la direttiva 2004/23/CE, che prevede la gratuità e volontarietà della donazione dei tessuti e cellule umane (art. 12) e impone agli Stati di prevedere che i donatori possano solo ricevere “una indennità strettamente limitata a far fronte alle spese e inconvenienti risultanti dalla donazione”, la Corte  ha affermato che “l’art. 12, comma 6, della legge n. 40/2004, all’esito della pronuncia della Corte costituzionale n. 162 del 2014, punisce chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza l’acquisizione di gameti umani in violazione dei principi di volontarietà e gratuità della donazione”. La seconda parte del comma 6 punisce invece “chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza (…) la surrogazione di maternità”.

La surrogazione di maternità è una pratica procreativa in base alla quale una donna si impegna a portare avanti una gestazione per conto di una coppia “committente” e a consegnare, dopo il parto, il bambino a tale coppia. Se nella maternità surrogata in senso stretto l’embrione risulta dall’interazione di gameti maschili di un membro della coppia e gameti femminili della gestante, può pure avvenire che la fecondazione abbia luogo grazie a spermatozoi riferibili da un terzo donatore, come anche che la madre surrogata sia in concreto priva di ogni legame genetico con il neonato, avendo condotto la gravidanza a seguito dell’impianto di un ovulo già fecondato, formato dall’unione di cellule riproduttive appartenenti alla coppia committente, ovvero a terzi donatori (“maternità surrogata totale”).

La legge, in particolare, interviene sull’articolo 12 della legge n. 40/2004 che, al comma 6, prevede che coloro i quali commettono delitti attinenti alla commercializzazione di gameti o di embrioni e alla surrogazione di maternità, che si realizzano attraverso le condotte tipiche della realizzazione, organizzazione o pubblicizzazione, individuate dal comma 6, sono puniti con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro. Si aggiunge un nuovo periodo alla fine del comma 6 dell’art. 12 della legge n. 40/2004, per sottoporre alla giurisdizione italiana le condotte poste in essere dal cittadino italiano, riferibili al delitto di surrogazione di maternità, pure se commesse in territorio estero. Si perseguono quindi penalmente condotte commesse in un Paese estero anche quando tale Paese non le identifica come illecite. Per la legge penale italiana, un fatto configurato quale reato in Italia può essere punito pure quando commesso all’estero a condizione che ricorrano determinate condizioni, differenti a seconda che sia previsto o meno il coinvolgimento di un cittadino italiano come autore del delitto, concorrente dell’autore, vittima del delitto.  

Dopo questa legge, in pratica, registrare in Italia un bambino nato tramite “gestazione per altri” rappresenta una autodenuncia, col rischio, sia per il genitore biologico che per quello che intende adottarlo, di due anni di carcere e la multa fino a un milione di euro.

Molte sono state le reazioni dall’opposizione, che ha definito il testo come “propaganda”, mentre la vice presidente del Senato, Anna Rossomando, ha affermato: “Siamo completamente fuori dall’ordinamento nazionale, dalle convenzioni, dalle eccezioni già previste, dai principi generali che ci richiamano al principio di ragionevolezza”. Un comunicato dell’Associazione Luca Coscioni, fa sapere che in meno di 24 ore sono arrivate 1.300 firme per chiedere al Parlamento una legge sulla gravidanza per altri solidale, portando le sottoscrizioni a oltre 12.300 firme. La no profit vuole superare il divieto attuale, previsto dalla legge 40 che espone a rischi e costi altissimi chi vuole intraprendere questo percorso. Grazie a una legge, il percorso sarebbe sicuro, controllato e regolamentato. L’Associazione Luca Coscioni, insieme a esperti e altre associazioni, ha elaborato una proposta di legge, depositata lo scorso anno al Senato dal senatore Ivan Scalfarotto (Italia Viva) e alla Camera dei deputati dall’onorevole Riccardo Magi (+Europa), per regolamentare la gravidanza per altri solidale, contro ogni forma di sfruttamento e abuso e, con talune modifiche, dalla senatrice Mariolina Castellone e altri (Movimento 5 stelle su tutti).

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