La Sla ( Sclerosi Laterale Amiotrofica), è una malattia degenerativa che colpisce i muscoli causando progressivamente un’invalidità totale che non lascia speranza.
In Italia è nota per aver colpito alcuni calciatori, come Stefano Borgonovo, e l’attivista Piergiorgio Welby, il cui caso balzò alle cronache dei giornali negli ultimi anni di vita, quando la malattia lo aveva così consumato da indurlo a chiedere ripetutamente che gli fossero interrotte le cure.
Un caso che divise l’opinione pubblica sull’eutanasia e contribuì a una vasta campagna di sensibilizzazione sulle condizioni di vita impossibili dei malati di SLA.
Da allora il lavoro dei ricercatori è diventato più visibile, l’attività delle associazioni no-profit ha coinvolto sempre più le persone e molti fondi sono stati raccolti per finanziare la ricerca, l’unica arma per combattere questa patologia.
In America nell’ambito del maggior congresso di Neurologia, che riunisce 12000 scienziati di tutto il mondo, è stato istituito lo Sheila Essey Awards, che costituisce il massimo riconoscimento nel campo della lotta alla SLA.
Nel 2015, questo riconoscimento è andato al neurologo Stefano Chiò, direttore del Centro per la Sclerosi Laterale Amiotrofica dell’Ospedale Molinette a Torino.
Grazie alle sue ricerche che hanno permesso di identificare vari aspetti della malattia, tra i quali, i rischi ambientali, la sua progressione, e la sua sopravvivenza.
E ai suoi contributi per l’identificazione del gene più comune della malattia : C90RF72.
E’ stato, tra l’altro, tra i primi a descrivere l’aumento di rischio SLA tra i calciatori.
Il professor Stefano Chiò, commentando il prestigioso riconoscimento, in un’intervista al Tg 1, ha dichiarato: “sono molto onorato di ricevere lo Sheila Essey Awards. Questo riconoscimento rappresenta una forte motivazione a procedere con sempre maggiore dedizione verso l’obiettivo di un mondo senza SLA”.
E ha lanciato un messaggio di speranza, di ottimismo, reso possibile solo dal lavoro delle tante persone che si impegnano per la ricerca, affinché un aumento della conoscenza possa portare a degli interventi sempre più efficaci per arrestare questa terribile malattia. Che il professor Stefano Chiò, definisce: “ Non una semplice malattia ma un insieme di patologie clinicamente simili con cause diverse”