La guerra tra Israele e Hamas fa segnare un altro tragico punto violento nel conflitto. Nella giornata del 27 maggio un raid israeliano ha provocato almeno 45 morti a Rafah, la città ad oggi più in pericolo e più delicata da un punto di vista geopolitico. L’attacco, secondo Israele, era rivolto ad esponenti di Hamas ma il fuoco ha colpito gli sfollati della zona uccidendone decine e ferendone quasi 200.
L’attacco – a pochi giorni dalla decisione della Corte dell’Aja di emettere un mandato d’arresto per i leader dei due schieramenti – ha scatenato la condanna del mondo. Dal canto suo, il premier Benyamin Netanyahu ha definito la strage di civili “un tragico incidente di cui rammaricarsi”, ma poche ore dopo, secondo i media locali, i carri armati israeliani si sono visti vicino alla mosche di Al-Wada in città.
La tensione è poi aumentata successivamente quando un altro raid, in direzione della zona che ospitava le tende degli sfollati a Muwasi, ha provocato 21 morti. Una situazione resa ancor più incandescente dalla morte di un soldato egiziano che, secondo media dell’Egitto, sarebbe morto in seguito ad una sparatoria nella zona di frontiera di Rafah. Il conflitto sembra essere arrivato nuovamente ad un punto di forte rottura, tanto che Hamas ha fatto sapere ai mediatori dell’ Egitto, del Qatar e degli Usa che non parteciperà ai negoziati per un accordo di tregua e scambio di ostaggi.