Juan Jesus e Acerbi. Ancora, le lacrime di Vinicius prima della conferenza stampa in Nazionale quando parla degli insulti razzisti ricevuti in campo col Real Madrid. Negli ultimi giorni si è parlato, purtroppo, molto di razzismo nel calcio ma i casi odierni sono solo gli ultimi di una lunga serie storica che ha colpito da sempre ogni settore dello sport. Dalle Olimpiadi ai campionati maggiori, passando anche però per i campi di provincia. Tanti sono stati gli eventi di protesta contro il razzismo passati alla Storia e molti arrivano dagli USA, forse il Paese più multirazziale e con una percentuale maggiore di impegni sportivi eterogenei.
Si comincia nel lontano 1936. Come non citare il grande Jesse Owens: alle Olimpiadi di Berlino del 1936 lo sprinter americano originario dell’Alabama vince quattro medaglie d’oro davanti proprio a chi in quegli anni professava la supremazia della razza bianca. Non gli andava bene neanche nel suo Stato, a dire il vero, visto che non poteva usare i bagni e i ristoranti dei bianchi, né sedersi accanto a loro sul bus. La sua vittoria, tuttavia, fu un evento di inaudita potenza sociale.
Jackie Robinson, invece, è ricordato per essere stato il primo nero a diventare giocatore di baseball professionistico americano nel 1946. Robinson lottò contro tutto e tutti, in silenzio, pur di arrivare a questo risultato. Spesso, infatti, veniva minacciato di morte, insultato dai tifosi (anche da quelli della sua squadra, preso a palate dai lanciatori, ma ad oggi è ricordato come uno degli eroi dello sport americano e internazionale.
Impossibile non citare l’impegno sociale del grande Mohammed Ali. Nel 1964, infatti, il campione di boxe Cassius Clay si convertì all’Islam, cambiando nome, diventando pacifista e rifiutando di rispondere alla chiamata alla leva considerando, in pratica, i vietnamiti non come nemici, o quantomeno non meno dei suoi connazionali che lo offendevano da anni per il colore della pelle.
Altro evento cruciale fu nel 1966 quando una squadra universitaria di basket in Texas fu la prima del NCAA a schierare un quintetto di soli neri. Contro una squadra tutta di bianchi, in uno stadio pieno di bianchi furibondi in Kentucky, i “cestisti neri” vinsero anche il match scrivendo così una pagina di storia.
Chiudiamo con il simbolo della lotta al razzismo nello sport: il pugno alzato nella premiazione alle Olimpiadi. Mexico City, anno 1968: Tommy Smith e John Carlos, oro e bronzo, nell’anno dell’assassinio di Martin Luther King, salgono sul podio e alzano il pugno in diretta tv. E’ il simbolo del Black Power e della lotta alla discriminazione razziale. Una scena iconica. Ma la lotta, ancora oggi, non si è conclusa.