Da circa due settimane è stato vietato l’accesso all’università per tutte le donne afgane. L’annuncio era stato dato dal Ministero dell’Istruzione Superiore, attraverso una lettera, scritta dal ministro Neda Mohammad Nadeem ed inviata a tutte le università del Paese: “Vi informiamo di attuare il citato ordine di sospendere l’istruzione femminile fino a nuovo avviso”. Un altro duro colpo e un’altra forte limitazione per le donne talebane, già escluse dal mondo del lavoro, dall’insegnamento e da alcuni tipi di istruzione.
In seguito a questa decisione sono iniziate alcune proteste all’interno dei campus di varie facoltà e sono stati esposti striscioni con la scritta: “L’istruzione è un nostro diritto, le università dovrebbero essere aperte”. Alcuni studenti della facoltà di medicina dell’Università di Nangarhar hanno abbandonato le lezioni per mostrarsi a sostegno delle loro colleghe escluse. Il divieto di frequentare l’università segue la decisione di non aprire le scuole superiori femminili all’inizio dell’anno scolastico a marzo, contravvenendo alle promesse fatte dai talebani alla comunità internazionale ed arriva a distanza di tre mesi dagli esami di ammissione all’università, che migliaia di studentesse hanno sostenuto. Sogni, ambizioni, e sacrifici azzerati in un battito d’ali, senza che nessuno possa farci niente.
“Ci siamo sentite tutte come uccelli in gabbia, ci siamo abbracciate, abbiamo urlato e pianto. Perché sta succedendo proprio a noi?”: ha dichiarato, ad esempio, una studentessa della facoltà di infermieristica di 23 anni, le cui parole sono state riportate da Valigia Blu. Un’altra ragazza, secondo quanto riportato dal Corriere, le ha fatto eco: “Abbiamo affrontato una situazione difficile proprio per essere in grado di continuare ad andare a scuola. Ero felice di potermi laureare e inseguire i miei sogni. Ma ora a cosa servirà?”.
Secondo un’analisi dell’Unicef, una popolazione femminile analfabeta (o quasi) ha riflessi anche sull’economia. Privare le ragazze afghane del diritto all’istruzione secondaria avrà un effetto devastante sull’economia del Paese, costerà il 2,5% del suo PIL annuale. “Se l’attuale gruppo di 3 milioni di ragazze fosse in grado di completare l’istruzione secondaria e di partecipare al mercato del lavoro, le ragazze e le donne contribuirebbero all’economia dell’Afghanistan per almeno 5,4 miliardi di dollari”: si legge, ad esempio, nel rapporto.
Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno condannato la decisione del governo di Kabul. “I Talebani non possono aspettarsi di essere un membro legittimo della comunità internazionale fino a quando non rispetteranno i diritti di tutti gli afghani, in particolare i diritti umani e la libertà fondamentale di donne e ragazze”: ha detto Robert Wood, viceambasciatore degli Stati Uniti alle Nazioni Unite.
Infine, a non essere d’accordo con questo nuovo divieto del regime non sono solo studenti e studentesse, ma anche i professori. In diretta, durante la trasmissione “Tolo News”, un professore dell’Università di Kabul, Ismail Meshal, ha strappato per protesta i suoi attestati e il suo diploma di laurea ed ha affermato: “Questi non mi servono più se mia sorella e mia madre non possono studiare. Mi rifiuto di accettare questo sistema. Da quando ci sono i Talebani, l’Afghanistan non è più un posto dove ci si può istruire“. Accuse pesanti, a suo forte rischio, contro il regime che si è di nuovo imposto con prepotenza nel Paese.