Un autunno foriero di primati, uno dopo l’altro, ma non sono buone notizie. E’ il dato dell’inflazione in rapido aumento, in particolare, che preoccupa. Ad agosto il trend annuo ha fatto registrare un 8,5% che non si vedeva dal 1985. La contrazione della spesa per i consumi consolida la certezza di un rallentamento economico nel 2023 ed allontana la speranza di una ripresa similare a quella registrata dal post covid.
Quasi tutte le agenzie di rating, tra cui Fitch, rivedono al ribasso le stime di crescita. È questo l’avvertimento in cui spiegano che le previsioni per il pil italiano sono più basse. La crescita economica vedrà una riduzione netta delle circostanze necessarie alla stessa; buona parte dei paesi avanzati entreranno in una fase di recessione economica dalla difficile soluzione.
Se alla crescita economica si lega oggi una depressione, ai costi per la spesa va un decisivo aumento. Un ciclo inverso in cui i prezzi corrono: l’aumento di luce e gas è fuori controllo, i tassi su mutui e prestiti sempre crescenti, la cassa integrazione per migliaia di dipendenti è ora la soluzione per le aziende in difficoltà. Le famiglie italiane ed europee, con budget ridotti, iniziano a farsi i conti in tasca.
L’inflazione – ovvero l’aumento prolungato del livello generalizzati dei prezzi di beni e servizi – sta portando con se una diminuzione, inevitabile, del potere di acquisto del denaro. Per arginare questa dinamica non basterà rispolverare la più antica legge di mercato, quella che riguarda domanda ed offerta. Le banche centrali stanno infatti alzando i tassi di interesse nell’intento di rallentare una crescita sempre più marcata. Sia la Fed (banca centrale americana) che la Bce (banca centrale europea), dopo decenni di continui ribassi, hanno invertito il trend con incrementi mai visti negli anni precedenti. Si prevedono non a caso ulteriori aumenti per frenare la domanda e scongiurare il rischio di un persistente incremento dell’inflazione attesa. D’altro canto inflazione e tassi d’interesse sono due parametri strettamente connessi e dai quali dipende gran parte della salute della nostra economia.
Il tasso d’interesse, nello specifico, rappresenta il rendimento della valuta per chi n’è già in possesso ed il costo della stessa per chi la prende in prestito. L’inflazione, o meglio il suo aumento, continua a sfavorire i risparmiatori da conto corrente con una riduzione del saldo in termini di valore reale ed i sottoscrittori di strumenti obbligazionari a tasso fisso a lunga scadenza le cui cedole fisse varranno sempre meno. Di contro, le azioni, soprattutto quelle di aziende che aumenteranno in modo esponenziale i prezzi dei loro prodotti, rappresenteranno un rimedio capace di neutralizzare l’effetto negativo nel lungo periodo. Altro rifugio, a tasso variabile, risulta ben rappresentato dalle obbligazioni, anche quelle indicizzate all’inflazione.
Se la liquidità rimarrà ferma, ci sarà meno moneta circolante, meno consumi da parte dei cittadini e quindi una minore inflazione, in teoria. Minori spese però non equivalgono però a maggiori risparmi: con un’ inflazione alta c’è anche una riduzione della capacità di spesa che conseguentemente potrebbe causare una minore capacità di risparmio. Ma al momento l’obiettivo è raffreddare la dinamica dei prezzi con una classica stretta dei tassi.
Il ciclo economico degli ultimi due anni è stato davvero unico. La pandemia da covid aveva sostanzialmente fermato consumi e produzione e gli Stati avevano inondato l’economia di danaro per una necessaria ripartenza del consueto ciclo. Verso la metà dello scorso anno il mondo sembra ripartire. Si passa rapidamente da un’inflazione da domanda ad una da offerta. Nulla che sembrasse impossibile da affrontare ma poco dopo la guerra in Ucraina ha generato una fiammata di aumenti nei costi dell’energia, ha fatto da miccia per l’incremento dei costi di produzione e trasporto per le industrie, di elettricità e gas per le famiglie.
Adesso l’inflazione non è più temporanea, adesso occorre assistere alla riduzione della liquidità ed all’aumento dei tassi perché solo questi ultimi potranno scoraggiare prestiti, consumi e la domanda stessa di beni e servizi. Solo così i prezzi potranno scendere. Le famiglie hanno un trend al ribasso del risparmio poiché i prezzi più alti con gli stipendi ancora fermi riducono la capacità di spesa. L’ISTAT ha certificato una diminuzione alla propensione al risparmio nell’ultimo trimestre che è scesa al 9,3% del reddito, in diminuzione di 2,3 punti rispetto al trimestre precedente.
Ora più che mai devono far riferimento alle migliori tecniche di budgeting per far quadrare i conti e non tralasciare le provviste economiche da destinare al futuro. Durante questi periodi la resistenza emotiva non basta, occorre affinare la capacità di progettazione del proprio risparmio da realizzare in intervalli temporali medio-lunghi che possano mitigare le oscillazioni dei mercati, dei tassi o dell’economia.
Le oscillazioni estemporanee non modificano i trend, le economie stanno riposizionando la produzione su nuovi beni e servizi. Lo sviluppo legato agli idrocarburi sta mostrando il crepuscolo del suo utilizzo. Energia verde e sostenibile, compatibile con l’ambiente oggi non è più un auspicio di pochi ma necessità di tanti e sopratutto sta assumendo un valore economico estremamente importante per tutti gli operatori economici.
Affrontare gli accadimenti con la progettualità affidandosi alla conoscenza degli strumenti di risparmio non inficiando la grande tradizione di popolo risparmiatore per eccellenza deve essere l’arma pacifica per difendere il risparmio e gli obiettivi che ogni famiglia dovrebbe porsi nella propria pianificazione finanziaria.