Sono migliaia i profughi arrivati in Italia dall’inizio della guerra in Ucraina. Molte famiglie solidali vorrebbero prestare il loro aiuto e si chiedono come adottare un profugo di guerra. Una direttiva dell’Unione Europea garantisce ai profughi provenienti dall’Ucraina e che erano stabilmente residenti in quel Paese lo status di rifugiati temporanei per almeno un anno, e se entrano legalmente nell’Unione Europea sono liberi di muoversi tra gli Stati membri. Il Governo italiano ha stanziato 400 milioni di euro per i primi 6 mesi di emergenza prevedendo un sostegno economico per le famiglie che ospitano i profughi. Il sistema di accoglienza è coordinato dal dipartimento della Protezione Civile, mentre della sistemazione abitativa si occupa il ministero dell’Interno attraverso le due reti che gestiscono i flussi migratori: il Cas (Centri di accoglienza straordinaria) e il Sai (Sistema di accoglienza e integrazione). Vi è poi il contributo delle associazioni del Terzo Settore alle quali possono rivolgersi le famiglie che intendono accogliere i profughi.
I profughi ucraini godono di una protezione internazionale temporanea garantita dallo Stato ospitante la cui durata è di un anno; i permessi di soggiorno vengono invece rilasciati dalle Questure. Con il permesso di soggiorno il profugo ha diritto all’assistenza del Servizio sanitario nazionale oltre al diritto allo studio e all’accesso al mercato del lavoro. La questione dei minori non accompagnati giunti in Italia è invece più delicata. Molti bambini sono orfani perché hanno perso i loro genitori in Ucraina durante la guerra. Per alcuni, invece, non si sa se i genitori sono ancora in vita.
La normativa di legge sulle adozioni e sugli affidamenti preadottivi non è cambiata. La procedura resta di competenza del tribunale per i minorenni. La legge sulle adozioni e sull’affidamento autorizza l’adozione di un minore ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni (che possono essere raggiunti anche sommando il periodo di convivenza prematrimoniale) e non separati (neppure di fatto). Gli aspiranti genitori devono risultare “idonei ad educare, istruire e mantenere i minori che intendano adottare”. La valutazione viene compiuta dai servizi sociali. La differenza di età minima tra adottante e adottato è di 18 anni e la differenza massima è di 45 anni per un coniuge e di 55 per l’altro (limite derogato se i coniugi adottano due o più fratelli o se hanno un figlio minorenne).
L’adozione, prima di essere disposta dal tribunale, è preceduta da un periodo di affidamento preadottivo. Le famiglie che vogliono proporsi come affidatarie di minori devono inoltrare una richiesta al Comune di residenza, anche per tramite di un’associazione no profit autorizzata dal Cai (Commissione per le adozioni internazionali). Se i servizi sociali valutano in maniera positiva il periodo di affidamento preadottivo del minore, il tribunale emette il decreto di idoneità della famiglia. Infine, si procederà con l’abbinamento del minore assegnato.