Comunione de residuo dei coniugi: cosa è e come funziona

di Carolina Cassese

Cos’è la comunione de residuo dei coniugi? Quando due persone contraggono matrimonio entrano automaticamente nel regime della comunione legale dei beni, a meno che non dichiarino innanzi al parroco o al sindaco di voler optare per la separazione dei beni. Con la “comunione”  tutti i beni acquistati durante il matrimonio, a prescindere da chi abbia sostenuto la spesa, appartengono per metà quota alla moglie e l’altra metà quota al marito, dette quote però non possono essere vendute a terzi. Dalla comunione vanno esclusi alcuni beni che pur acquisiti dopo le nozze, restano di proprietà del singolo coniuge; tra questi vi rientrano i beni ricevuti in donazione, in testamento, i beni per uso personale o professionale, il frutto di risarcimento del danno o i beni acquistati con la vendita. Ciascun coniuge potrà utilizzare i beni rientranti nella comunione legale e ha diritto ad amministrarli con decisioni che devono essere prese di comune accordo. In caso di disaccordo, è previsto l’intervento del giudice. Quando la coppia si separa, il giudice scioglie la comunione e i beni vengono divisi in quote uguali, se divisibili. Se sono indivisibili bisognerà procedere o alla vendita, con ripartizione del ricavato o all’assegnazione a un solo coniuge il quale liquiderà all’altro la metà del valore di mercato. Ci sono alcuni beni che non entrano nella comunione dei coniugi fino a quando marito e moglie restano sposati ma che devono essere divisi non appena questi decidono di porre fine al matrimonio. Stiamo parlando in questo caso della comunione de residuo. La differenza tra comunione immediata e comunione de residuo è la seguente:

I beni facenti parte della comunione legale entrano a far parte della comunione immediata e attuale, di cui ciascuno dei due coniugi è contitolare con l’altro a parità di quota.

Entrano a far parte della comunione de residuo, che si costituisce allo scioglimento della comunione legale, quei beni che restano di proprietà esclusiva di ciascuno dei coniugi fino al momento dello scioglimento della comunione, quando divengono di proprietà comune per la parte in cui non sono stati consumati. Appartengono alla comunione de residuo, ossia divengono comuni solo se allo scioglimento della comunione legale non siano stati consumati:

  • i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi. Pertanto, se lo stipendio di ciascun coniuge è di proprietà di quest’ultimo, l’eventuale somma risparmiata e magari depositata in banca alla data della separazione andrà divisa tra marito e moglie.
  • I frutti (naturali e civili) dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione.
  • Gli utili connessi alle partecipazioni in snc, a quelle di accomandatario in Sas e in Sapa, considerabili quali proventi dell’attività separata;
  • i beni destinati all’esercizio dell’impresa costituita e gestita da uno solo dei coniugi dopo il matrimonio, anche qualora l’impresa sia gestita attraverso partecipazioni in Snc, quelle di accomandatario in Sas e in Sapa;
  • gli incrementi dell’impresa costituita prima del matrimonio e gestita da uno solo dei coniugi, anche qualora l’impresa sia gestita attraverso partecipazioni in società in nome collettivo, quelle di accomandatario in società in accomandita semplice e in società in accomandita per azioni. Gli incrementi dell’impresa sono i miglioramenti, le addizioni, gli accantonamenti di utili o l’investimento degli stessi, intervenuti tra il momento del matrimonio e il momento dello scioglimento della comunione.

Infine, le somme liquidate ai testimoni di giustizia dal ministero dell’Interno non hanno valenza risarcitoria e sono annesse alla  comunione legale dei beni e nel conto cointestato tra i coniugi.

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