Siamo arrivati a 48 femminicidi in Italia. C’è chi l’ha definito numero dell’orrore. Statisticamente una donna ogni tre giorni viene uccisa e la situazione diventa sempre più allarmante (periodo 1 agosto 2020 – 31 luglio 2021, almeno 105 femminicidi). Nelle sole due prime settimane di settembre sono state ammazzate ben 7 donne. Il 13 settembre, sono stati commessi addirittura due femminicidi: quelli di Giuseppina Di Luca e di Sonia Lattari, entrambe brutalmente assassinate in ambito familiare. Giuseppina è stata uccisa con decine di coltellate, nel bresciano, dal marito dal quale si stava separando; Sonia ha subìto la stessa sorte, è stata anche lei accoltellata, in provincia di Cosenza, da suo marito, al culmine di una lite.
Altri due efferati omicidi hanno scosso il nostro Paese, che era ancora traumatizzato dalla vicenda di Chiara Ugolini, la giovane ragazza di 27 anni uccisa mentre cercava di sfuggire ad un vicino entrato in casa. L’aggressore, scopertosi poi per l’appunto un suo vicino di casa, le ha causato danni agli organi interni, avendo provato a stordirla con uno straccio imbevuto di acido.
Infine, il 15 settembre l’ultima giovanissima vittima è stata uccisa nel Vicentino: Alessandra Zorzin, mamma di una bambina di 2 anni, è stata assassinata con colpi di pistola da un 38enne guardia giurata, con cui non è ancora chiaro che tipo di rapporti avesse. Poco dopo l’uomo si è tolto la vita con la stessa arma da fuoco.
La persistenza del problema e l’incremento del numero di casi hanno sicuramente più fattori alla base, ma quelli più importanti restano quello culturale e la mancanza di preparazione di chi dovrebbe occuparsene. Secondo la ministra per le pari opportunità Elena Bonetti, ad esempio, la causa principale è da riscontrare nel mancato raggiungimento delle pari opportunità. La ministra, infatti, ha dichiarato: “Il femminicidio è il frutto di una sub-cultura impregnata di prevaricazione che molti uomini impongono nella relazione con le donne. È una tragedia di cui tutti noi dobbiamo sentirci responsabili e per i quali occorre dare risposte concrete costruendo alleanze tra le istituzioni pubbliche e la rete antiviolenza che gestisce le case rifugio. Proprio a questi organismi stiamo pensando con il finanziamento strutturale del piano nazionale di contrasto della violenza contro le donne. La pandemia ha aumentato i casi di violenza e di femminicidio ecco perché la nostra responsabilità è aumentata ed è per questo che daremo risposte concrete. La vera arma, però, è rappresentata dalla parità di genere”.
È anche vero che ormai sentire e leggere di episodi del genere è diventato una sorta di routine. Fanno parte della quotidianità, non ci si scompone oramai più di tanto, perché tutto ciò è diventato, in modo malsano, “normale”. Inoltre, ci si deve ancora costantemente scontrare con una mentalità retrograda diffusissima. Ne è la prova quello che è successo durante una delle ultime puntate del programma televisivo “Forum”. La famosa conduttrice Barbara Palombelli, in una puntata dove si analizzava la tematica del femminicidio, ha posto al pubblico questo quesito: “A volte è lecito anche domandarsi se questi uomini erano completamente fuori di testa, completamente obnubilati oppure c’è stato anche un comportamento esasperante e aggressivo anche dall’altra parte”.
Parole pesanti e raggelanti in questa versione, che mancherebbero ovviamente di rispetto alle vittime e ai loro familiari. Parole che una conduttrice in tv non dovrebbe né dire né pensare, in ogni caso, e che però riflettono il pensiero comune della maggior parte degli italiani. Non solo le vittime non ricevono le giuste cautele da chi di dovere, ma devono fare i conti con la colpevolizzazione di massa. I carnefici, invece, vengono quasi compatiti, come se il loro gesto fosse quasi dovuto e inevitabile; sbagliato sì, ma, in un certo senso, lecito e comprensibile in certe circostanze. Sarebbe appropriato rispondere alla domanda della Palombelli con un’altra: “Da quando in qua un omicidio (di un uomo o di una donna che sia) può essere giustificato?”. Tutto questo non è una novità e non sorprende più di tanto visto che, in Italia, siamo ancora a domandarci se sia una molestia o meno per una donna sentirsi fischiare da un uomo ed essere apostrofata in modo volgare per strada.