Tre ragazze si laureano ma criticano l’Università: “Viviamo nella logica del profitto e della competizione”

di Redazione Zerottouno News

Si sono appena diplomate nella prestigiosa Scuola Normale Superiore di Pisa ma dentro di loro c’è un forte malessere. Così, le tre neodiplomate Virginia Magnaghi, Valeria Spacciante e Virginia Grossi attaccano proprio la Normale e il sistema scolastico italiano in un toccante discorso.

Proprio perchè la scuola ha significato tanto per noi, non possiamo oggi, in questo momento, non parlarvi di alcune preoccupazioni – comincia il discorso – Guardiamo al sistema lavorativo e sociale in cui gran parte di noi è inserito, ormai cambiato profondamente. Questi cambiamenti la Normale li ha legittimati. Ci riferiamo, in generale, al processo di trasformamento che l’Università ha avuto diventando azienda e prendendo la strada della logica del profitto. Il lavoro scientifico è ormai misurata in termini quantitativi, con una precarizzazione sistemica e un sistema che mira alla competizione escludendo i più deboli e aumentando il divario sociale e territoriale. Questa tendenza internazionale in Italia è vissuta in maniera forte. L’ultimo divario è rappresentato dai fondi dati agli atenei di eccellenza, a sfavore di quelli minori. In questo contesto noi, i cosiddetti eccellenti, siamo sicuramente i fortunati – continuano le ragazze – L’impegno civico è ormai passato in secondo piano rispetto alla produzione scientifica. Perchè lo schierarsi di fronte a scelte politiche non è più permesso o perorato dalle università? Ci chiediamo quanto sarebbe stata forte la nostra voce se fosse stata sostenuta dai nostri docenti. Troviamo problematico che il corpo docente riproduca attivamente le problematiche che abbiamo descritto, soprattutto alla Normale. Se l’obiettivo della scuola è obbligarci ad accettare questo sistema, crediamo che sia nocivo. A leggere questo discorso siamo tre allieve, un gesto semplice per combattere l’individualismo. Vorremmo che la Normale prestasse più attenzione alla disparità tra uomini e donne alla carriera accademica – concludono le neodiplomate – Oggi su 24 diplomati siamo 8 donne, in questa Scuola nel dipartimento di Lettere un solo docente ordinario è donna. Il lavoro accademico, che si risolve oltre i 40 anni abbandonando il precariato, è incompatibile con la creazione di una famiglia. In Italia il compito della cura è ancora riservato esclusivamente alle donne“.

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