Lo deridevano da tempo, lo “accusavano” di essere gay, le offese erano arrivate anche sulle sue pagine social. Alla fine Orlando Merenda non ce l’ha fatta più e si è suicidato buttandosi sotto ad un treno che passava per la stazione Lingotto a Torino. Una morte atroce, una storia avvilente, l’ennesima di bullismo e omofobia in Italia. A raccontare i fatti è il fratello di Orlando, intercettato da La Stampa. Mario Merenda ha raccontato che il fratello era preoccupato, aveva paura, lo offendevano mettendo in dubbio la sua sessualità e lui si era chiuso in sè stesso. Più che depresso, appariva oppresso. Un male interiore che però nessuno è riuscito a curare in tempo. La Procura, nel frattempo, ha aperto un’indagine per capire se ci sono i presupposti per accusare eventuali soggetti per cyberbullismo e omofobia, anche dopo la morte sui social di Merenda sono infatti comparse frasi drammatiche del tipo “A morte i gay“.
“Ciao caro fratellino mio, il tuo ultimo saluto è stato portarmi un caffè con un Kinder bueno, poi il pomeriggio abbiamo fatto la tragica scoperta – scrive su Instagram il fratello – Tu te ne sei andato a soli 18 anni senza dire niente e ci hai lasciato un vuoto incolmabile, spero che adesso dove sei sarai tranquillo e senza pensieri. Ciao ciao caro fratellino mio, ti voglio ricordare così, sorridente e felice, anche se non ti dicevo che ti volevo bene lo pensavo ogni istante“.
“Andrò avanti da sola, per avere la mia giustizia, anche se io non ci ho mai creduto nella Giustizia – afferma la mamma di Orlando, Anna Screnci – Ho perso metà della sua adolescenza, la parte più importante, non ci sono stata quando aveva bisogno di me, ma non è mai stato solo. Mi diceva le cose al telefono, ma me le diceva a metà per non farmi soffrire, eravamo a 1400 km di distanza l’uno dall’altra. Anche se è gay, doveva essere libero, era libero. Io lo aspettavo giù in Calabria, lo aspettavo con le sue idee, tutto quello che era libero di voler fare“.