La comunità di Taranto ha accolto una storica sentenza. La Corte d’Assise di Taranto ha infatti condannato a 22 e 20 anni di reclusione Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell’Ilva, nell’ambito del processo ribattezzato “Ambiente svenduto”. I fratelli Riva sono accusati di presunto disastro ambientale per l’inquinamento ambientale prodotto dallo stabilimento siderurgico che ha mietuto tantissime vittime per tumore. Condannati anche l’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, l’ex presidente della provincia di Taranto Gianni Florido ed altri dirigenti amministrativi.
I Riva rispondono di concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. Per entrambi la somma degli anni di carcere è di 42. L’ex presidente Vendola è invece accusato di concussione aggravata in concorso, ma ha già dichiarato che farà appello contro la sentenza da lui considerata “una giustizia che calpesta la verità, viviamo in un mondo capovolto, dove chi ha operato per il bene di Taranto viene condannato senza l’ombra di una prova“. Secondo gli inquirenti avrebbe esercitato pressioni sull’allora direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, per far ammorbidire la posizione della stessa Agenzia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall’Ilva. Ad Assennato invece 2 anni, avrebbe taciuto delle pressioni subite dall’ex governatore affinché attenuasse le relazioni dell’Arpa a seguito dei controlli ispettivi ambientali nello stabilimento siderurgico. Condannato a 3 anni anche Gianni Florido, all’epoca presidente della Provincia di Taranto, con l’accusa di tentata concussione e concussione consumata, Florido avrebbe commesso i reati in concorso con l’ex assessore provinciale all’ambiente Michele Conserva (condannato anche lui a 3 anni) e l’ex responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva Girolamo Archinà (condannato a 21 anni e mezzo).