Non è una bufala. Una donna è caduta in depressione per non aver trovato l’etichetta del suo nome(nome molto raro) da incollare sul barattolo di Nutella.
Come è possibile che un’innocua idea pubblicitaria abbia potuto scatenare una reazione così sproporzionata?
La cosa più ovvia è dare la colpa al tam tam pubblicitario e alla manipolazione psicologica che esercita sulle menti più fragili.
Scrive Tullio Antimo da Scruovolo nel suo blog: “ La gente ha bisogno di credere in qualcosa che passa sullo schermo per soddisfare la propria voglia di sognare, in tempi in cui è quasi terapeutico sottrarsi alla realtà”
E sulla pubblicità scrive: “La pubblicità non discrimina, lusinga e valorizza anche la massaia più frustrata, l’ometto con la panza, l’adolescente sfigato, il vecchietto petulante che si piscia sotto”.
Ma forse più che interrogarsi sulle colpe, bisognerebbe interrogarsi sulle cause di una reazione umana che ha del paradossale.
Questa vicenda dovrebbe inserirsi tra le numerose altre sproporzionate e paradossali reazioni umane che quasi quotidianamente attirano l’attenzione, destando scalpore e incredulità ma soprattutto rivelando tanta ignoranza o presunzione di sapere , che è la tendenza a voler identificare, etichettare, trovare un colpevole qualunque , purchè non vengano turbate quelle poche certezze che ci restano e che ognuno a modo suo si tiene strette, pur sapendo che da un momento all’altro potrebbero crollare, come un castello di sabbia
notizia dal blog di Tullio Antimo da Scruovolo