La sinistra italiana, ma tutto il mondo politico e giornalistico del Paese, dice addio ad Emanuele Macaluso. Combattente per i diritti dei lavoratori, assiduo oppositore della mafia siciliana, pilastro del Partito Comunista, è morto a 96 anni. Per oltre 50 anni è stato un politico, sia regionale che nazionale, e giornalista molto apprezzato e conosciuto.
Nato a Caltanissetta il 21 marzo 1924, di famiglia operaia, già da giovanissimo Macaluso aveva scelto il Partito comunista quando ancora era un partito clandestino. Dopo lo sbarco degli Alleati in Sicilia si era subito messo in moto per il movimento sindacale e a soli 20 anni prese parte alla spedizione di Girolamo Li Causi a Villalba, terra natale del potente boss mafioso Calogero Vizzini, dove il comizio fu accolto da bombe a mano e spari. Nel 1947 assunse la carica di segretario regionale della Cgil, in un momento di lotta in cui aveva già subito processi giudiziari: oltre agli arresti e ai processi dovuti all’attività sindacale, aveva subito anche una condanna per adulterio a causa della sua relazione con una donna sposata. Nel 1956 passò dal sindacato alla politica e divenne deputato dell’Assemblea Regionale siciliana prima e segretario regionale del Partito Comunista poi.
Nel 1962 lascia la segreteria regionale lasciando il posto a Pio La Torre (vittima della mafia 20 anni dopo) e passa in Parlamento dopo aver assunto un ruolo molto importante nel Partito Comunista. Era amico intimo di Enrico Berlinguer, segretario del suo partito, e dopo la sua morte legò molto con Giorgio Napolitano, futuro presidente della Repubblica, con il quale diede vita ad un’area riformista o “migliorista“ all’interno dello stesso PCI. Perse posizioni nel nuovo Partito Comunista (denominato PDS) tanto da non essere rieletto parlamentare neanche nella sua Sicilia.
Macaluso decide quindi di lasciar perdere le responsabilità politiche nel Partito e si impegna nel mondo del giornalismo, creando dapprima la rivista “Le ragioni del Socialismo” e diventando poi direttore del quotidiano Il Riformista, riuscendo anche a scrivere almeno 4 tra libri e saggi. Era già stato direttore del quotidiano comunista L’Unità e poi divenne editorialista anche per Il Mattino e La Stampa. Nel giorno della sua morte, prima delle comunicazioni del premier Conte sulla crisi di Governo, il Senato lo ha omaggiato con un minuto di silenzio.