“Mai avrei immaginato di dover invitare ad uscire un cliente dal mio locale per atteggiamenti poco graditi“. Esordisce così Giuseppe Granata, ristoratore e pizzaiolo di Sant’Anastasia, in provincia di Napoli che racconta di un episodio di razzismo nel suo locale. “Mi sono sentito costretto. Una signora, conosciuta, è entrata, ha chiesto 2 tranci di pizza, li ho passati in cucina per farli completare, a prenderli dal banco è stato Polash, bengalese da 7 anni regolarmente in Italia, lavoratore, umile, residente nel quartiere Capodivilla. La signora, titolo attribuito solo ed esclusivamente per l’età avanzata – racconta Granata – ha iniziato dicendo ‘ah ma è nero’. Ho finto di non sentire, poi l’ha detto a me direttamente, per farsi sentire e le ho risposto chiedendo dove fosse il problema. Inizialmente, giuro, credevo si riferisse al colore del cornicione della pizza un p0′ più cotta, ma poi lei mi ha detto che i ragazzi di colore hanno il coronavirus e che Polash è straniero. Le ho spiegato che Polash è da 7 anni in Italia e lavora regolarmente, si igienizza e rispetta tutti i protocolli di sicurezza per lavorare, poi ho aggiunto che vive a Capodivilla, ma la signora ha detto che li c’è un focolaio, che ‘di loro’ ce ne sono tanti. L’ho invitata ad uscire – conclude – Ad assistere c’era anche un’incredula altra cliente, anch’essa di colore. Le due marinare le abbiamo mangiate io e Polash, alla faccia sua aggiungerei“.
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