Scuola: un esercito di aspiranti professori emigra verso il Nord, anche gli adulti restano al palo

di Marco Sigillo

La seconda metà di settembre ha visto la ripartenza della scuola in molte regioni d’Italia. In Campania la data di ripresa delle lezioni è il 24 settembre, ma molte cominceranno almeno a partire dal 28. Tante le polemiche, provenienti sia dalla politica che da lavoratori e famiglie. È indubbio che le norme anti-Covid costringano tutti ad abbandonare vecchie abitudini. C’è però un’incrollabile certezza nel mondo della scuola italiana: la precarietà dei docenti e del personale ATA.

I tanto annunciati concorsoni non si sono ancora tenuti e anche quest’anno si ricorrerà ad un esercito di supplenti per riempire le cattedre vacanti. Bisogna dire però che il Governo si è impegnato a stabilizzare chi da anni era in diverse graduatorie in attesa di ottenere un contratto a tempo indeterminato. Ciò non è tuttavia bastato e alcuni dati ci possono aiutare a capire la situazione delle scuole italiane.

Partiamo con i dati sui concorsi che dovrebbero tenersi nei prossimi mesi. Il Miur comunica che le domande ricevute sono state 76mila per la scuola dell’infanzia e primaria, 430mila per la scuola media e superiore. I posti messi a bando sono rispettivamente 12.000 e 33.000. È interessante esaminare la provenienza territoriale delle domande e la loro destinazione. La regione con più aspiranti professori risulta la Campania, da dove sono partite più di 87mila domande, seguono la Sicilia con 67mila e la Puglia con 44mila. Il Sud si conferma terra da cui emigrare per cercare lavoro: la regione a ricevere più domande è stata la Lombardia con più di 74mila candidature.

Disponibili anche i dati per età. Per l’infanzia e la primaria la maggioranza di candidati è tra i 41 e i 50 anni (sono il 41%). Per medie e superiori la fascia d’età più presente è quella 31-40 (39%). Sempre in questi giorni si è anche sentito parlare di “docenti fragili”. Si tratterebbe cioè di lavoratori che per condizioni di salute e di età risulterebbero particolarmente esposti alle conseguenze di un eventuale contagio da Coronavirus. A riguardo i dati dell’OCSE ci confermano l’anzianità della nostra classe docente. Il 59% dei nostri docenti ha più di 50 anni, siamo il Paese più “vecchio” tra i Paesi OCSE, basti pensare che l’età media dei nostri docenti è di 51 anni (alle superiori) mentre in Inghilterra questa media scende a 40.

Dunque, professori tra i più vecchi di Europa, tra i meno pagati e tra i più precari. Quarantenni e cinquantenni in cerca di entrare stabilmente in questo mondo attraverso il prossimo concorso. Tanti giovani, soprattutto del Sud, costretti ad emigrare al Nord, per un lavoro che molto probabilmente sarà comunque precario. L’emergenza Covid poteva essere sfruttata per provare a ripensare il mondo della docenza e riempire i tantissimi posti ancora vacanti, non sembra sia andata così e quel poco che è stato fatto non basta. Giusto parlare di banchi e mascherine ma la scuola è fatta da persone che hanno il dovere di accompagnare i ragazzi verso il futuro ma che troppo spesso non ne vedono uno per loro stessi.

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