“Rush”: la storia della rivalità leggendaria tra Lauda e Hunt

di Vittorio Paolino Pasciari

Rush è un film di genere drammatico, biopic e sportivo del 2013 diretto da Ron Howard. Basato su una sceneggiatura di Peter Morgan, il film racconta in maniera romanzata l’intensa rivalità fra i piloti di Formula 1 Niki Lauda e James Hunt, interpretati rispettivamente da Daniel Brühl e Chris Hemsworth, affiancati da Olivia Wilde (Suzy Miller), Alexandra Maria Lara (Marlene Knaus), Pierfrancesco Favino (Clay Ragazzoni), David Calder (Louis Stanley), Natalie Dormer (Gemma), Stephen Mangan (Alastair Caldwell), Christian McKay (Alexander Hesketh), Alistair Petrie (Stirling Moss), Julian Rhind-Tutt (Anthony ‘Bubbles’ Horsley), Colin Stilton (Teddy Mayer), Vincent Riotta (Mauro Forghieri), Ilario Calvo (Luca Cordero di Montezemolo), James Norton (Guy Edwards) e Tom Wlaschiha (Harald Ertl).

Prodotto con un budget di 38 milioni di dollari il film ha incassato globalmente 90 milioni ed è considerato uno dei migliori film del regista Ron Howard (Il codice da Vinci). Fra i riconoscimenti il film vanta 2 nomination ai Golden Globe 2014 (miglior film drammatico e miglior attore non protagonista a Daniel Brühl) ed 1 Premio BAFTA 2014 (miglior montaggio a Dan Hanley e Mike Hill).

TRAMA Durante gli anni ’70 esplode in Formula 1 la rivalità sportiva tra i due piloti più talentuosi del momento: l’austriaco Niki “Computer” Lauda, pilota della Ferrari, ed il britannico James “Shunt” Hunt, pilota della McLaren. I due si danno battaglia fin dalle serie minori e, a livello caratteriale, non potrebbero essere più diversi: Hunt è spavaldo e abile nella guida quanto insolente donnaiolo che adora mettersi in mostra; Lauda è un genio strategico dai modi duri e riservati. I due piloti entrano in contrasto fin dal loro primo incontro in Formula 3 (1970) per il diverso approccio che ognuno segue nei confronti della disciplina sportiva che praticano. Hunt vive con leggerezza e attraversa un bel periodo agonistico, essendo il pupillo della propria squadra, la Hesketh. Lauda si trova invece di fronte a un momento critico della propria vita, culminante con la rottura dei rapporti con il padre, un banchiere, che rifiuta di sovvenzionare la sua carriera sportiva ritenendola inappropriata alle tradizioni di famiglia che vogliono i Lauda banchieri. Ma nel 1974, quando entrambi i piloti decidono di passare alla Formula 1, mentre Lauda vive un momento di riscatto diventando il pilota della scuderia Ferrari, Hunt vive un iniziale periodo nero a causa della mancanza di sponsor che porta al fallimento della Hesketh. Nel 1975 Lauda diventa campione del mondo di Formula 1, mentre Hunt, in difficoltà e senza una macchina per correre, trova l’occasione di tornare in pista quando viene ingaggiato dalla scuderia McLaren Mercedes. Il campionato del 1976 vede ancora Lauda favorito, mentre Hunt segue con difficoltà il suo rivale di sempre. La vittoria dell’inglese al Gran Premio di Francia è una prima battuta di arresto per Lauda, che nel frattempo si è sposato con Marlene Knaus e sembra trovare un’inaspettata felicità fuori dalla pista. La decima gara è il Gran Premio di Germania sul circuito del Nürburring Nordschleife e segna un momento fatale per Lauda: la corsa si svolge nonostante le condizioni avverse e l’austriaco rimane vittima di un drammatico incidente. È una vittoria amara per Hunt, seppure da questo momento inizi per lui un momento di ascesa verso il suo primo titolo. Nonostante le difficoltà fisiche, Lauda mostra un’incrollabile determinazione a tornare a correre e 42 giorni dopo l’incidente è di nuovo in pista per affrontare il rivale di sempre. La definitiva resa dei conti fra i due piloti si svolge in Giappone sul circuito del Fuji, sotto una pioggia battente. L’inaspettato ed emozionante finale chiude una stagione indimenticabile per la Formula 1 e consegna alla leggenda due talenti all’opposto ma che alla fine si dimostrano due amici veri.

ANALISI DEL FILM L’inizio scorre lento e, attraverso un sapiente uso del flashback, riporta lo spettatore alle origini di un’accesa rivalità. La velocità che caratterizza lo sport scelto come sfondo accelera l’azione, scandita da ricostruzioni realisticamente spettacolari esaltate da un’emozionante colonna sonora. Il regista dirige due interpreti impeccabili e si concentra su uno scontro che non è solo fra due piloti ma soprattutto fra due entità in collisione. Le emozioni toccano la tragedia quando si arriva al terribile incidente che segna per sempre la strada di uno dei due protagonisti. E quando si giunge alla gara definitiva non si può non ammirare il coraggio del vincitore riconosciuto dal rivale degno di non minore ammirazione. Il dialogo con monologo che scandisce il finale è pura poesia per chi ama lo sport che forgia il carattere e l’amicizia cresciuta attraverso il confronto fra due talenti solo in apparenza opposti.

(da sinistra) Niki Lauda e James Hunt

TECNICA E CORAGGIO Il primo incontro/scontro fra il pilota austriaco Niki Lauda (1949-2019) e l’inglese James Hunt (1947-1993) avviene il 17 maggio 1970 all’Österreichring di Zeltweg, in Austria, in una gara di Formula 3. Fin dall’inizio delle rispettive carriere emergono le differenze caratteriali e agonistiche che, riflettendosi dentro e fuori dalla pista, esalteranno la rivalità dei due.

“La maggior parte delle persone pensa che mi diverta molto e che io sia un buon pilota, ma non prendono la mia guida così seriamente.” (James Hunt)

L’inglese Hunt, soprannominato Hunt the Shunt (lett. “Hunt lo Schianto”) per il suo stile di guida al limite dello spericolato, è un ragazzo estroverso e affascinante che fuori dai tracciati non disdegna il divertimento, la compagnia delle ragazze e altri vizi come fumo e alcol. Questo suo carattere lo rende, nonostante l’innegabile innato talento, poco apprezzato nell’ambiente delle corse, anche a fronte di una certa discontinuità di risultati.

“Al volante sì, sono un computer, ma la freddezza può salvarmi la vita. La precisione e la freddezza che mi si attribuisce mi sono quindi care.” (Niki Lauda)

L’austriaco è l’esatto opposto del rivale inglese. Caratterialmente molto freddo e riservato, Lauda rifugge dalle distrazioni esterne per dedicarsi scrupolosamente alla sua professione in pista. Il soprannome di pilota computer delinea perfettamente il meticoloso approccio alla messa a punto della monoposto così come si riflette nella regolare condotta di gara, poco appassionante e divertente agli occhi del pubblico ma al contempo estremamente efficace.

La rivalità sportiva raggiunse il suo apice quando i due salirono alla ribalta nel circuito della Formula 1 nel triennio 1974-1976. In questo contesto si inserisce un evento che segna profondamente la vita di Lauda e la rivalità con Hunt. Il 1o agosto 1976 è in programma al circuito di Nürburgring Nordschleife il Gran Premio di Germania. Lauda arriva sul circuito tedesco in posizione relativamente tranquilla avendo in classifica 35 punti di vantaggio su Hunt. Nelle fasi iniziali di gara il pilota austriaco, dopo una sbandata causata da alcune chiazze d’umido e dalla non ottimale temperatura delle gomme, impatta contro una roccia a bordo pista e rimane intrappolato per lunghi minuti nell’abitacolo della sua Ferrari 312 T2 in fiamme, venendo faticosamente estratto dalle lamiere grazie anche all’aiuto di quattro coraggiosi colleghi che si fermano a soccorrerlo (Merzario, Edwards, Ertl e Lunger). Il grave incidente rischia di costargli la vita e di questo Lauda porterà per sempre le cicatrici sul volto.

Lauda durante il weekend del Gran Premio di Germania 1976,
teatro del suo grave incidente.

Approfittando dell’assenza forzata del suo rivale, Hunt vince la sua prova tedesca e nelle due gare successive guadagna ulteriori punti che gli fanno scalare la classifica.

“Preferisco avere il mio piede destro che un bel viso.” (Niki Lauda)

Tra i dubbi dell’intero circus, Lauda accorcia i tempi di recupero e decide di tornare in pista per gli ultimi quattro Gran Premi dell’anno. Pur debilitato nel fisico sul circuito di Monza, quarantadue giorni dopo aver ricevuto l’estrema unzione, l’austriaco è protagonista, come il miracolo dell’araba fenice, di un incredibile ritorno alle corse che culmina in un insperato quarto posto finale. Le affermazioni di Hunt nella doppia trasferta nordamericana portano Lauda, non ancora del tutto ripresosi dall’incidente, a correre sulla difensiva vedendo il suo rivale sempre più vicino.

Il mondiale si decide dunque alla tappa finale. Domenica 24 ottobre 1976 sul Circuito del Fuji si corre il Gran Premio del Giappone. Lauda si presenta con soli 3 punti di vantaggio su Hunt. Alla luce delle rischiose condizioni di sicurezza del tracciato, l’austriaco decide alla fine di ritirarsi dopo appena due giri, memore dei rischi nel correre su un circuito in pieno diluvio. L’inglese spavaldo decide invece di rischiare proseguendo la sua gara e, nel convulso finale, all’ultima tornata artiglia il terzo posto che gli conferisce i punti necessari a laurearsi, per la prima e unica volta, campione del mondo superando il rivale in classifica.

(da sinistra) Hunt e Lauda nel fine settimana
del Gran Premio d’Argentina 1978

La stagione 1976 segna contemporaneamente l’apice e la fine del duello fra il coraggioso Hunt ed il meticoloso Lauda. L’inglese correrà per altre tre stagioni, ma con un progressivo ed inesorabile esaurirsi della sua competitività prima di dare addio ai circuiti a soli 31 anni, in polemica con il mondo delle corse in cui, a suo dire, “l’uomo non conta più”. Una breve esperienza come commentatore tecnico per la BBC segna per l’inglese il preludio ad una prematura scomparsa a 45 anni per attacco cardiaco, causa probabile i suoi passati eccessi di alcool, droghe e fumo.

Lauda riuscirà a mantenersi ad alti livelli conquistando altri due campionati mondiali (1977 e 1984) per poi intraprendere, dopo il ritiro dalle corse, una carriera di imprenditore di successo fondando le compagnie aeree Lauda Air e Laudamotion. Resterà comunque legato al mondo della Formula 1 con vari ruoli dirigenziali e di consulente. La serrata sfida fra i due piloti rivali per la conquista del campionato mondiale del 1976 è tutt’ora ricordata come una delle più entusiasmanti nell’intera storia della massima categoria delle corse su monoposto.

“Per James vincere un campionato era stato sufficiente. Aveva dimostrato quello che voleva dimostrare, a sé stesso e a tutti quelli che dubitavano di lui. E due anni dopo si ritirò. Quando lo rincontrai, sette anni dopo a Londra, io di nuovo campione e lui commentatore per la tv, era scalzo, su una bici con una ruota a terra. Viveva ancora ogni giorno come se fosse l’ultimo. Quando seppi che era morto d’infarto a 45 anni, non ne fui sorpreso. Mi fece solo tristezza. La gente ci ha sempre visti come due rivali, ma lui mi piaceva. Era una delle poche persone che apprezzavo, e una delle pochissime che rispettavo. E ancora oggi rimane l’unico che abbia mai invidiato”.

UN EMOZIONANTE OMAGGIO Il termine inglese rush (lett. “impeto”) ricorre nell’espressione rush finale per indicare in campo sportivo la massima forzatura della velocità da parte di un corridore in prossimità del traguardo per ottenere la vittoria. Ron Howard punta l’attenzione sull’opposizione dei caratteri dei due protagonisti che, come nella realtà storica così nella finzione in celluloide, proprio nel momento finale, al culmine di una escalation di emozioni, danno il meglio per ottenere ciò a cui mirano.

Interpreti impeccabili nel riflettere gli opposti animi, una suggestiva e verosimile ricostruzione fotografica del duello su pista, una storia resa emozionante da musiche e dialoghi memorabili, sono questi tutti elementi validi che offrono un suggestivo omaggio a due leggende dello sport e che ponendo la verità storica sullo sfondo ne accentuano, romanzandoli, gli elementi essenziali per rendere lo spettatore partecipe di una rivalità, ed infine una sincera amicizia, forgiate dallo sport in cui non si punta al business ma in cui si vuole soprattutto dare il massimo, vuoi con il coraggio spavaldo, vuoi mantenendo chiara la visione dei rischi da evitare, per sentirsi all’apice in quello che ti fa sentire vivo.

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