Oltre 8mila morti, uccisi, senza pietà. E’ il genocidio di Srebrenica, il più grande massacro dopo la Seconda Guerra Mondiale. L’11 luglio ricorre il 25esimo anniversario, le mamme dei civili uccisi stanno ancora cercando i loro resti. Ecco perchè è ancora giusto ricordarlo.
Il contesto è quello delle guerre scoppiate all’alba della disgregazione della Jugoslavia. Srebrenica al tempo era una città della Bosnia, terra al centro di cruenti lotte etniche che vedevano spesso come vittime i bosniaci musulmani. Ad attaccare la città era l’esercito della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, a difesa c’era un rappezzato esercito locale sostenuto da un contingente olandese dell’ONU, che nel frattempo l’aveva resa zona protetta. Il più forte esercito serbo-bosniaco era capeggiato da Ratko Mladic e quello che riuscì a compiere fu una vera e propria pulizia etnica. Con l’obiettivo di eliminare la minoranza musulmana dalla Bosnia, l’esercito aveva attaccato la città e l’aveva ridotta alla fame. Nella mattinata dell’11 luglio Mladic riuscì a farsi consegnare i civili che si erano rifugiati nella zona protetta dall’ONU e comparì davanti alle telecamere promettendo ai civili un sicuro passaggio verso una nuova destinazione. La realtà era però atroce: già da alcune ore il suo esercito stava radunando i civili musulmani e li stava sommariamente giustiziando. I maschi dai 12 ai 77 anni venivano separati dalle famiglie, chiunque fosse in grado di reggere un’arma in mano veniva ucciso. Le fosse comuni che vennero ritrovate erano l’antro dell’inferno, i numeri ufficiali parlano di oltre 8mila morti.
Il Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia, istituito presso le Nazioni Unite, ha incriminato in totale 21 persone per i delitti commessi a Srebrenica, riconoscendo per molti di essi la fattispecie di “genocidio”: Ratko Mladic fu condannato all’ergastolo, mentre 40 anni furono inflitti a Radovan Karadzic,presidente della Repubblica Serba di Bosnia ed Eerzegovina (una delle due entità della Bosnia). Il Tribunale ha respinto la richiesta di indennizzo a favore dei sopravvissuti a Srebrenica. La Corte infatti ha stabilito che quello che avvenne fu un genocidio ad opera di singole persone e che lo Stato Serbo non può essere ritenuto direttamente responsabile per genocidio e complicità per i fatti accaduti nella guerra civile in Bosnia-Erzegovina dal 1992 al 1995, fra i quali rientra appunto la strage di Srebrenica. La Serbia, secondo i giudici, non fu responsabile di genocidio perché “non vi sono prove di un ordine inviato esplicitamente da Belgrado“, non fu neanche giudicata complice perché non vi sono prove che “l’intenzione di commettere atto di genocidio fosse stata portata all’attenzione delle autorità di Belgrado”.
Il tenente colonnello Thom Karremans era invece responsabile per l’enclave di Srebrenica. Karremans chiamò inizialmente i soccorsi ma, soprattutto a causa di un rimpallo di responsabilità, i primi attacchi aerei arrivarono troppo tardi. Gran parte della popolazione ed i soldati olandesi erano già fuggiti e si erano rifugiati nella base militare dell’ONU di Potocari. Davanti alla minaccia ed allo spiegamento di forze di Mladić, i caschi blu decisero di collaborare alla separazione di uomini e donne per poter tenere la situazione sotto controllo, per quanto fosse possibile nelle circostanze. I soldati olandesi subirono pesanti accuse da parte dei media al ritorno in patria. Numerosi soldati soffrirono di stress post-traumatico in seguito alla vicenda, sostenendo di essere stati ingiustamente criticati dalla stampa. Il 4 dicembre 2006 il Ministro della Difesa olandese ha decorato con cinquecento medaglie il battaglione di pace che aveva il compito di proteggere Srebrenica con la motivazione precisa che era una forma di ricompensa per le accuse (ritenute ingiuste) a cui i soldati olandesi vennero sottoposti. Il 19 luglio 2019, la Corte Suprema olandese ha emanato la sentenza definitiva sulle responsabilità dei Paesi Bassi nella vicenda: per la Corte i militari olandesi sbagliarono ad inviare 350 uomini fuori dalla base.
[foto di Kemal Softic per The Associated Press]