Dal 12 maggio i responsabili degli uffici giudiziari, in accordo con le autorità sanitarie locali e i Consigli dell’Ordine degli Avvocati, hanno individuato le misure relative alla ripresa delle attività, alla gestione degli spazi lavorativi, oltre agli orari di apertura al pubblico e il controllo dell’afflusso dell’utenza esterna adottando la formula della prenotazione. Nella Fase 1 è stata assicurata la trattazione di alcuni procedimenti, individuati dal decreto legge Cura Italia con un elenco via via ritoccato. Si tratta, in sintesi, delle cause civili che riguardano le urgenze delle famiglie e della tutela delle persone e, nel penale, delle convalide di arresto e dei processi che coinvolgono detenuti, se loro o i difensori chiedono di andare avanti.
Dal 12 maggio gli uffici giudiziari continuano, in primo luogo, ad assicurare la trattazione di queste cause urgenti e poi amplieranno un po’ il perimetro, ma non sarà possibile garantire i volumi di lavoro pre-Covid. In tribunale il 50% delle cause viene rinviata anche ad un anno, mentre nei Giudici di Pace, allo stato (e per ora fino al 4 Giugno), le cause sono tutte rinviate, alcune anche a data da destinarsi, lasciando gli avvocati e i propri assistiti nella incertezza totale.
La nuova fase, che è scattata il 12 maggio, ha presentato sin da subito evidenti lacune e criticità e ha portato i capi degli uffici giudiziari ad adottare misure organizzative diverse per ogni Tribunale. Lacune che hanno scatenato in più parti d’Italia manifestazioni e flashmob (consegna chiavi dello studio, consegna codici, lancio della toga dalla finestra). Anche l’Aiga Nazionale ha organizzato per l’11 giugno una manifestazione a Roma sul Fermo Giustizia per attirare l’attenzione sul comparto Giustizia ma il Ministro Bonafede resta sordo al grido di allarme degli Avvocati.
Abbiamo chiesto lumi al presidente dell’Associazione Italiana Giovani Avvocati – sezione di Nola, l’avv. Tommaso Tafuro:
La fase 2 della giustizia ha svelato la fragilità di un sistema già ingolfato. Dopo due mesi di lockdown, in cui l’attività è stata quasi azzerata, a parte processi per direttissima o con detenuti, convalide di arresti e poco altro, oggi della ripresa del comparto Giustizia se ne parla ancora troppo poco. In questo contesto emergenziale il sistema Giustizia sembra essere ancorato ancora alla fase 1, ma questa di situazione di stallo in cui ci troviamo non solo limita fortemente l’attività degli avvocati ma soprattutto comprime la tutela dei diritti dei cittadini.
Il Ministero della Giustizia ha lasciato ampia discrezionalità sulle modalità di svolgimento delle attività ai Presidenti dei Tribunali e questa decisione ha determinato l’inaccettabile proliferarsi di protocolli diversi per ogni Tribunale. Gli avvocati, quindi, si trovano costretti a studiare protocolli diversi in base al Tribunale in cui dovranno fare udienza e/o adempimenti e, troppo spesso, si trovano a dover giustificare ai propri assistiti rinvii delle cause lunghissimi.
Ancor più drammatica è la situazione in cui versano gli uffici dei Giudici di Pace in cui le udienze forse riprenderanno dopo il 4 Giugno ma ancora non si conoscono le condizioni di ripresa. Ovviamente, in un contesto così complesso e colmo di criticità, a subirne le conseguenze maggiori è senza dubbio la parte più debole, ovvero la giovane avvocatura.