135 persone con disabilità ospitate in struttura senza possibilità di vedere i familiari. E’ la scelta, dolorosa ma necessaria, presa dalla direzione dell’AIAS di Nola, il Polo socio-sanitario-assistenziale con sede a Cicciano. La struttura, divisa in diverse sezioni, punta all’abilitazione, l’educazione e la riabilitazione di soggetti con deficit fisici-psichici-sensoriali e prevede il regime residenziale, semi-residenziale, ambulatoriale, domiciliare, Centro Diurno Integrato ed RSA. Si tratta di strutture che possono essere veri e propri focolai per il nuovo coronavirus Covid-19, se non si usano le dovute precauzioni.
Un quadro che ha spinto gli addetti ai lavori a decisioni drastiche e adeguamenti necessari: “Abbiamo blindato la struttura che ospita i ragazzi con disabilità negando gli ingressi non necessari – spiega la dott.ssa Giuseppina Nappi, direttrice sanitaria, Neuropsichiatra Infantile e Pediatra – Dal 24 febbraio abbiamo dovuto negare le visite dei familiari per la sicurezza dei pazienti. Ci siamo mossi prima e in anticipo vista la pericolosità della situazione; anche per i degenti ospitati nell’Hospice le visite sono state ridotte al minimo. Ovviamente ci siamo adeguati, seguiamo tutte le precauzioni del caso, con i DPI necessari, sanificando spesso i locali e misurando costantemente la febbre. Anche la gestione della mensa ha avuto variazioni, abbiamo infatti predisposto in ambienti esterni la distribuzione dei pasti”.
“Ospitiamo in questa sezione 135 ragazzi, più o meno giovani – aggiunge la specialista e psicoterapeuta dott.ssa Paola Di Franco – i ragazzi tra i 20 e i 30 anni soffrono in genere di autismo e sono in regime di convitto, così come altri ospiti con sindrome di Down, anche in età avanzata, ma ci sono anche diversi pazienti in regime di RSA. In tutto ciò è a pieno regime la riabilitazione per tutti loro, anche in questo periodo non fermiamo le cure, anzi abbiamo implementato con laboratori musicali e teatrali”.
“Il mantenimento della routine per molti ha forse diminuito le preoccupazioni – continua la dott.ssa Nappi – hanno capito a modo loro la gravità della situazione, qualcuno ci chiede dei genitori e per tenerli in contatto usiamo Skype o, nel caso in cui il ragazzo non riesca a sopportare questo genere di rapporto, mandiamo video registrati e quindi non in diretta. Sappiamo che sono scelte drastiche ma la situazione è delicata e abbiamo provveduto a diminuire al minimo i rischi – continua la direttrice sanitaria – sono pazienti a rischio, alcuni soffrono anche di patologie associate al quadro sindromico, quali malattie cardiache e respiratorie. La struttura vede comunque un flusso in entrata di persone e quindi dobbiamo mettere in atto ogni azione necessaria per proteggerli.
“Il personale è stato potenziato, abbiamo dovuto lottare, come tutte le strutture sanitarie, per avere mascherine in quantità sufficienti – conclude la dott.ssa Nappi – abbiamo inoltre richiesto tamponi per velocizzare i tempi e per migliorare le diagnosi, essendo gli operatori potenzialmente pazienti asintomatici, ed essendo non è raro, infatti, che i pazienti non siano in grado di descrivere i sintomi notoriamente conosciuti per questa malattia. Abbiamo allestito un piano di isolamento, nel quale vengono disposti i pazienti che dovessero presentare anche i minimi segni clinici associabili al COVID-19. Alcuni giorni fa ci sono arrivati i risultati di 3 tamponi, fortunatamente negativi. L’allerta resta alta ma è tutto sotto controllo”.