Bullismo: rischi sociali e legali di una vera e propria piaga

di Carolina Cassese

Negli ultimi anni il bullismo è diventato una preoccupante piaga sociale. Vediamo di cosa si tratta.

Con il termine bullismo s’intende un comportamento aggressivo e ripetitivo nei confronti di chi non è in grado di difendersi. Recenti sondaggi hanno dimostrato che in Europa un adolescente su 4 almeno una volta ha avuto a che fare con questo fenomeno. Una condotta bullizzante può manifestarsi con prese in giro,insulti,diffamazione,critiche,stalking, minacce, violenza fisica e psicologica, atti di razzismo, aggressioni, percosse, lesioniatteggiamenti finalizzati ad escludere e isolare, fino ad arrivare all’istigazione al suicidio. Sono tutte condotte gravissime, specie se ripetute costantemente nel tempo. Costituisce fattispecie di nuova generazione il cyberbullismo, ovvero, bullismo on line realizzato tramite social network (Facebook, Twitter…), chat sincrone, forum online, telefonate e messaggi.

La tutela

La giurisprudenza è intervenuta per punire il bullismo condannando i genitori  a risarcire i danni che i figli bulli hanno cagionato alle proprie vittime. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 26596/2018, ha precisato “che nel momento in cui i bulli minimizzano le proprie condotte, qualificandole solo come scherzi, dimostrano di non essere maturi e di non comprendere fino in fondo le conseguenze delle azioni commesse”.

Il nostro codice penale condanna tutti coloro che violano le disposizioni, minorenni compresi. Difatti, chi ha compiuto 14 anni e commette un reato è perseguibile penalmente e può essere sottoposto ad un processo per bullismo. Questa regola si ricava dal combinato disposto degli articoli 97 e 98 del codice penale.

  • Art 97 cp: Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i quattordici anni
  • Art 98 cp comma 1: “È imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto aveva compiuto i quattordici anni, ma non ancora i diciotto, se aveva capacità d’intendere e di volere; ma la pena è diminuita

Soggiacciono a fattispecie giuridiche differenti i genitori o chi esercita la patria potestà sul minore. Difatti, l’art 2048 del codice civile prevede che:

  • Il padre e la madre, o il tutore sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi. La stessa disposizione si applica all’affiliante”
  • I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza.
  • Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto.

Tale arresto normativo postula l’esistenza di un fatto illecito compiuto da un minore capace di intendere e di volere in relazione al quale è configurabile la culpa in educando e la culpa in vigilando. Pertanto, la responsabilità dei genitori viene a concorrere con la responsabilità del minore. “Tale responsabilità è una forma di responsabilità diretta, per fatto proprio, cioè per non avere, con idoneo comportamento, impedito il fatto dannoso. I genitori, per sottrarsi alla presunzione di responsabilità dovranno provare di non aver potuto impedire il fatto, fornendo come prova la dimostrazione di aver osservato i precetti imposti dall’ articolo 147 del codice civile relativo ai doveri verso i figli, tra i quali quello di educare la prole” (Sentenza Corte di Cassazione Civile n. 154197/2004). Per gli insegnanti e precettori, invece, “la prova liberatoria consiste nel fornire elementi volti a dimostrare di aver adottato, in via preventiva, tutte le misure disciplinari o organizzative idonee a evitare il sorgere di una situazione di pericolo e di non aver potuto impedire il verificarsi dell’evento dannoso poiché imprevedibile” (Sentenza Cassazione Civile n.09/9542).

Secondo i giudici il bullismo è un malcostume che si è diffuso a causa delle carenze educative dei genitori. Da qui l’estensione della responsabilità civile anche ai genitori di chi si limita ad assistere agli atti di bullismo senza intervenire. Si tratta di una responsabilità civile di cui all’art 2043 cc ai sensi del quale: “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno“. Il bullismo infatti non costituisce solo un reato penale, ma anche un illecito civile in grado di cagionare alla vittima danni fisici, psicologici ed esistenziali. Per danno biologico si intende quello alla salute e all’integrità fisica. Il danno morale si configura quando la vittima subisce una sofferenza psicologica che può manifestarsi con attacchi d’ansia. Quello di natura esistenziale invece si realizza quando la persona, a causa del danno subito, è costretta a modificare le sue abitudini di vita.

Per contrastare il fenomeno del bullismo, si consiglia ai genitori delle vittime di denunciare prontamente il fatto alle autorità e alla scuola nel caso in cui detto fenomeno dovesse verificarsi in classe.

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