Prima serata di Sanremo all’insegna delle donne. Diletta Leotta, Rita Pavone che non tornava dal 1972, la modella vittima di violenza Gessica Notaro, ma soprattutto la giornalista Rula Jebreal. La donna, dopo alcune polemiche relative alla sua possibile non convocazione, ha preso la scena dell’Ariston e recitato un toccante monologo contro la violenza sulle donne, vissuta anche nella sua famiglia. Scritto con la complicità, tra gli altri, di Selvaggia Lucarelli, e composto anche con estratti di canzoni italiane sul tema, il discorso ha ricevuto molti plausi. Di seguito i punti salienti.
“Lei aveva la biancheria intima quella sera?”. “Si ricorda di aver cercato su internet il nome di un anticoncezionale quella mattina?”. “Lei trova sexy gli uomini che indossano i jeans?”. “Se le donne non vogliono essere sfruttare devono smetterla di vestirsi da poco di buono”. Queste sono solo alcune delle domande poste in un’aula di tribunale a due ragazze che in Italia, non molto tempo fa, hanno denunciato una violenza sessuale. Domande insinuanti, melliflue, che sottintendono una verità amara, crudele: noi donne non siamo mai innocenti. Non lo siamo perché abbiamo denunciato troppo tardi, perché abbiamo denunciato troppo presto, perché siamo tropo belle o troppo brutte perché eravamo troppo disinibite e ce la siamo voluta.
Sono cresciuta in un orfanotrofio, insieme a centinaia di bambine. La sera, una per volta, noi bambine raccontavamo una storia, le nostre storie. Erano una specie di favole tristi. Non favole di mamme che conciliano il sonno, ma favole di figlie sfortunate, che il sonno lo toglievano. Ci raccontavamo delle nostre madri: torturate, uccise, violentate. Ogni sera, prima di dormire, ci liberavamo tutte insieme di quelle parole di dolore. Io amo le parole. Ho imparato, venendo da luoghi di guerra, a credere nelle parole e non ai fucili, per cercare di rendere il mondo un posto migliore. Anche e soprattutto per le donne.
Ma poi ci sono i numeri. E in Italia, in questo magnifico Paese che mi ha accolto, i numeri sono spietati: ogni 3 giorni viene uccisa una donna, 6 donne sono state uccise la scorsa settimana. E nell’85% dei casi il carnefice non ha bisogno di bussare alla porta per un motivo molto semplice: ha le chiavi di casa.
Mia madre Zakia, che tutti chiamavano Nadia, ha preso il suo ultimo treno quando io avevo 5 anni. Si è suicidata, dandosi fuoco. Ma il dolore era una fiamma lenta che aveva cominciato a salire e ad annerirle i vestiti quando era solo un’adolescente. Il suo corpo era qualcosa di cui voleva liberarsi, era stato la sua tortura. Perché mia madre Nadia fu stuprata e brutalizzata due volte: a 13 anni da un uomo e poi dal sistema che l’ha costretta al silenzio, che non le ha consentito di denunciare. Le ferite sanguinano di più quando non si è creduti. L’uomo che l’ha violentata per anni, il cui ricordo incancellabile era con lei, mentre le fiamme mangiavano il suo corpo, aveva le chiavi di casa.
Le parole delle canzoni possono essere messaggi d’amore e di salvezza. Io sono diventata la donna che sono perché lo dovevo a mia madre, lo devo a mia figlia che è seduta in mezzo a voi. Lo dobbiamo tutte, tutti, a una madre, una figlia, una sorella, al nostro paese, anche agli uomini, all’idea stessa di civiltà e uguaglianza. All’idea più grande di tutte: quella di libertà.
Parlo agli uomini, adesso. Lasciateci libere di essere ciò che vogliamo essere: madri di dieci figli e madri di nessuno, casalinghe e carrieriste, madonne e puttane, lasciateci fare quello che vogliamo del nostro corpo e ribellatevi insieme a noi, quando qualcuno ci dice cosa dobbiamo farne. Siate nostri complici.
Sono stata scelta stasera per celebrare la musica e le donne, ma sono qui per parlare delle cose di cui è necessario paralare. Certo, ho messo un bel vestito. Domani chiedetevi pure al bar “Com’era vestita Rula?”. Che non si chieda mai più, però, a una donna che è stata stuprata: “Com’era vestita, lei, quella notte?”. Mia madre ha avuto paura di quella domanda. Mia madre non ce l’ha fatta. E così tante donne. E noi non vogliamo più avere paura.Vogliamo essere amate. Lo devo a mia madre, lo dobbiamo a noi stesse, alla nostre figlie. Nessuno può permettersi il diritto di addormentarci con una favola.
Vogliamo essere note, silenzi, rumori, libere nel tempo e nello spazio. Vogliamo essere questo: musica.
CHI È RULA JEBREAL
Rula Jebreal è nata a Haifa in Israele, figlia di Othman Jebreal, commerciante e imam sufi di Gerusalemme Est, nato in Nigeria e con ascendenze nigeriane e arabo palestinesi, guardiano della moschea al-Aqsa. La madre, Zakia, palestinese, aveva subito gravi abusi durante l’infanzia e si suicidò dandosi fuoco quando Rula aveva 5 anni. Assieme alla sorella Rania, Rula viene portata dal padre al collegio/orfanotrofio di Dar El-Tifel a Gerusalemme dal 1978 al 1991, e ne considera la fondatrice, Hind al-Husseini, come sua maestra di vita e ispiratrice, una seconda madre, e colei che le ha letteralmente salvato la vita. Nel 1993, ha ricevuto una borsa di studio dal governo italiano per studiare fisioterapia all’Università di Bologna, dove si è laureata. Comincia quindi a collaborare con Il Resto del Carlino, Il Giorno e La Nazione, dove si occupa di cronaca cittadina e temi sociali e nel 1999 passa alla politica estera, con particolare attenzione ai conflitti mediorientali. Nel 2002, come giornalista e militante del Movimento palestinese per la democrazia e la cultura, prende parte a una trasmissione televisiva su LA7, Diario di guerra.
Nel 2003, per la stessa emittente, incomincia a curare la rassegna stampa dei quotidiani in lingua araba e, contemporaneamente, collabora con Il Messaggero come editorialista di politica estera. Alla fine del 2003 ottiene la conduzione dell’edizione notturna del telegiornale di La 7. Nell’ottobre dello stesso anno si trasferisce da Bologna a Roma con la figlia Miral, avuta dalla relazione con l’artista Davide Rivalta.
Nel 2005 conduce Pianeta 7, rubrica di approfondimento di esteri. Nell’estate immediatamente seguente modera il dibattito giornaliero di Omnibus Estate e successivamente, in ottobre, il “tema del giorno” del programma quotidiano Omnibus, alternandosi con Antonello Piroso. Nello stesso anno vince il Premio Ischia internazionale di giornalismo per la televisione nella sezione giovani, riservato ai professionisti under 35.
Nel febbraio 2006 è vittima di affermazioni razziste da parte del ministro Roberto Calderoli, condannate dalle associazioni di categoria. Nel settembre 2006 affianca Michele Santoro in Annozero, dove assieme a Beatrice Borromeo viene insultata da Giulio Sapelli. Dal giugno 2007 è autrice e conduttrice di Onda Anomala, settimanale politica estera e costumi di RaiNews24. Per la casa editrice Rizzoli ha pubblicato due romanzi: l’autobiografico La strada dei fiori di Miral (2004), da cui è stato tratto il film Miral (2010) (del quale è lei stessa sceneggiatrice), e La sposa di Assuan (2005). Il 28 settembre 2007 ha pubblicato, sempre per la Rizzoli, il saggio Divieto di soggiorno, contenente delle interviste con degli immigrati in Italia. Nel 2017 Rula è stata una delle sette donne di successo omaggiate da Yvonne Sciò nel suo documentario Seven Women. Rula Jebreal parla correntemente quattro lingue: arabo, ebraico, inglese e italiano.[26] Considera e descrive se stessa come musulmana laica.
[Fonte: biografia ufficiale Wikipedia]