Poco più che ventenni, eppure condannati a morte. Succede in Bielorussia dove Stanislaw e Ilya Kostsew, di 19 e 21 anni, sono stati condannati per aver ucciso la loro ex insegnante, Natalya Kostritsa. I due avrebbero ucciso la professoressa con quasi 100 coltellate, inveendo contro di lei per tutta la notte e apoiccando poi il fuoco alla camera. Scoperti per via del pc rubato alla Kostritsa, hanno confessato dicendo che erano ubriachi. La donna voleva attivare i servizi sociali per allontanare la sorella dai due Kostsew che però non hanno reagito bene.
La Bielorussia è l’unico paese in Europa in cui è ancora in vigore la pena di morte. L’estrema pena è prevista per reati specifici, come ad esempio gravi casi di crimini di violenza, terrorismo, genocidi, crimini contro lo Stato o contro l’umanità. L’unica via di salvezza è ricevere la grazia dal presidente, cosa che in questo caso pare assai improbabile. Il presidente Lucashenko ha infatti per primo pubblicizzato il crimine dei due fratelli, definendoli “feccia”. La segretezza che circonda l’uso della pena di morte è una pratica comune in Bielorussia, denuncia Amnesty International. Non viene dato alcun avviso sulla data dell’esecuzione al prigioniero, ai suoi parenti o rappresentanti legali e nessun incontro finale è concesso alle famiglie. Ai prigionieri viene detto che saranno messi a morte solo pochi istanti prima di essere bendati e, inginocchiati, fucilati alla nuca. Il corpo, inoltre, non viene restituito alla famiglia e il luogo di sepoltura non viene divulgato.