Tradimento e vita da separati in casa non sono sufficienti per l’annullamento del matrimonio. La vicenda apripista trae origine dal deposito, presso la Corte di Appello competente per territorio, di un ricorso avente ad oggetto la delibazione della sentenza ecclesiastica di annullamento del matrimonio da parte di un marito, il quale eccepiva di aver intrecciato una relazione extraconiugale poco dopo la celebrazione del matrimonio contratto nel settembre 2011 e che da allora aveva costituito con la moglie una unione meramente formale, vivendo in pratica da separati in casa.
Il giudice di Appello, conformandosi alla sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, rigettò la domanda ritenendo stabile la convivenza della coppia per più di tre anni di matrimonio. Il marito decise di proporre ricorso alla Corte di Cassazione, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art 8 comma 2 della legge n. 121/1985 e dell’articolo 197 c.p.c in quanto, secondo la giurisprudenza, requisiti della stabilità e dell’esteriorità della convivenza ultratriennale che ostacolerebbero la delibazione della sentenza non sussistevano in quel caso.
Il marito ammise di aver avuto una relazione extraconiugale dopo solo un anno di matrimonio e di aver vissuto con la moglie come separato in casa dal dicembre 2011. Inoltre, riteneva che la convivenza non poteva definirsi stabile e continuativa poiché era solo formale. Ed ecco che giunge il disposto della Suprema Corte di Cassazione la quale, con sentenza n 30900/2019 ha stabilito il principio secondo il quale: “il dato incontroverso (come nel caso in esame) della convivenza continuativa ultratriennale non può essere messo in discussione, al fine di escludere la condizione ostativa al riconoscimento in Italia della sentenza di annullamento ecclesiastico del matrimonio, deducendo una non adesione affettiva al rapporto di convivenza da parte di uno o di entrambi i coniugi. Occorre perché tale dedotta mancanza di affection coniugalis sia rilevante che entrambi i coniugi la riconoscano, al momento della proposizione della domanda di delibazione, ovvero che gli stessi abbiano manifestato inequivocamente all’esterno la piena volontà di non considerare la convivenza come un elemento fondamentale integrativo della relazione coniugale, ma come una semplice coabitazione. Occorre altresì che sia manifesta la consapevolezza delle conseguenze giuridiche di tale esteriorizzazione e cioè l’affermazione comune dell’esclusione degli effetti giuridici propri del matrimonio per effetto della semplice coabitazione.”
Nel caso di specie, la mancanza dell’affectio coniugalis non fu dedotta e neppure provata dal ricorrente. La sua distanza affettiva dall’unione matrimoniale infatti non ha impedito ai due coniugi di convivere comunque insieme per tre anni, proseguendo così la convivenza sorta con il matrimonio. Pertanto, si può ben dedurre che non può considerarsi nullo il matrimonio tra i due coniugi per la presenza del tradimento e della convivenza solo formale ma tuttavia ultratriennale.