È sempre la questione dello stablimento ex Ilva di Taranto a tenere banco tra l’opinione pubblica e le istituzioni, a più di due settimane dall’annuncio della multinazionale ArcelorMittal di non voler più proseguire le attività all’interno degli impianti della città pugliese. Tutto è cominciato lo scorso 4 Novembre quando, per bocca dell’amministratrice delegata di ArcelorMittal Italia, Lucia Morselli, viene comunicata l’impossibilità di adempiere agli obblighi contrattuali senza le “protezioni legali necessarie all’esecuzione del piano ambientale”, di fatto eliminate il 3 Novembre dal Parlamento italiano che non ha convertito in legge il relativo decreto. Da quel momento è stato un continuo susseguirsi di trattative e tavoli tecnici tra tutte le parti coinvolte, che però ancora vanno avanti per cercare una soluzione che possa disinnescare questa bomba sociale pronta ad esplodere e che causerebbe innumerevoli danni all’occupazione e alla produzione.
Intanto, sono di martedì i primi accertamenti delle autorità giudiziarie su quanto accaduto: la Guardia di Finanza ha infatti effettuato perquisizioni e acquisito documentazione presso le sedi di Milano e Taranto per far luce sulla vicenda. Al momento la procura di Milano ipotizza i reati di aggiotaggio informativo e una fattispecie di reato fallimentare regolato dall’articolo 232 della legge fallimentare, comma 2. Un’altra delle ipotesi aI vaglio dei magistrati milanesi, però, è che ArcelorMittal abbia “pilotato” la crisi della ex Ilva facendole perdere valore, alla luce della circostanza che le perdite dell’acciaieria sono raddoppiate in un anno.
Primo effetto del pressing dei giudici, che intanto hanno fissato per il prossimo 27 novembre l’udienza che riguarda il ricorso d’urgenza presentato dai commissari invitando ArcelorMittal a mantenere l’operatività degli impianti, è stata la comunicazione da parte dell’azienda della sospensione dello spegnimento dell’altoforno 2 dello stabilimento di Taranto che, per motivi tecnici, avrebbe comportato una procedura complessa e non esente da rischi e conseguenze.
È della giornata del 22 novembre, infine, l’incontro tra il Governo e ArcelorMittal in cui si sono ravvisati i primi spiragli di trattative. Dopo più di quattro ore di rinuione, il premier Conte ha annunciato che si metterà in breve pausa la battaglia legale se nel frattempo non si fermerà l’acciaieria e che si tratterà di “un percorso lungo, faticoso e complicato il cui esito non è per nulla scontato”. Sul tavolo il governo mette la possibilità “di un coinvolgimento pubblico” e anche la valutazione di ammortizzatori sociali, “se necessari“, fermo restando che “andrà garantito l’impegno per il massimo livello di occupazione“. Il Governo inviterà inoltre i commissari dell’Ilva a dare il via libera alla richiesta di una “breve dilazione dei termini processuali e a un rinvio dell’udienza fissata per il 27 novembre”.(Ansa)
Insomma, la questione sarà lunga e complessa e si spera in una risoluzione condivisa da tutte le parti in gioco – sindacati, istituzioni, operai ed aziende – per salvaguardare ambiente, occupazione e produzione ma che dimostra, ancora una volta, la fragilità della grande industria in Italia.