“L’arte del pizzaiuolo napoletano è patrimonio culturale dell’Umanità Unesco”. E’ così che il Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina su Twitter ha annunciato lo storico traguardo raggiunto dal simbolo che più rappresenta Napoli e l’Italia nel mondo. Ieri a Jeju in Corea del Sud, quando in Italia erano le 4 del mattino, il Comitato di governo dell’Unesco con voto unanime ha approvato l’unica candidatura italiana presentata con questa motivazione: “Il know-how culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l’impasto della pizza, esibirsi e condividere è un indiscutibile patrimonio culturale. I pizzaiuoli e i loro ospiti si impegnano in un rito sociale, il cui bancone e il forno fungono da palcoscenico durante il processo di produzione della pizza. Ciò si verifica in un’atmosfera conviviale che comporta scambi costanti con gli ospiti. Partendo dai quartieri poveri di Napoli, la tradizione culinaria si è profondamente radicata nella vita quotidiana della comunità. Per molti giovani praticanti, diventare Pizzaiuolo rappresenta anche un modo per evitare la marginalità sociale”. Il lungo processo per giungere a questo traguardo era cominciato nel lontano 2009 grazie alla spinta del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali che aveva iniziato a redigere il dossier di candidatura con il supporto delle Associazioni dei pizzaiuoli e della Regione Campania. A dare un’ulteriore spinta le oltre 2 milioni di firme raccolte in giro per il mondo per sostenere la candidatura che in un primo momento, nel novembre 2016, non aveva ottenuto il risultato sperato. La notizia è stata presa con grande entusiasmo da parte di tutte le istituzioni nazionali e locali ma la vera festa si è avuta tra le strade di Napoli dove nella mattinata di ieri a partire dalle 8 alcune delle pizzerie storiche della città hanno effettuato un’apertura straordinaria per celebrare l’ambito riconoscimento. Da Brandi, a Sorbillo, dove si sono ritrovati alcuni tra i più importanti pizzaiuoli napoletani come Antonio Starita, Enzo Coccia de ‘La notizià, fino a Ciro Oliva di ‘Concettina e i tre Santì, sono state offerte ai passanti pizze fritte e ‘a portafoglio.
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