Le immagini degli incendi che hanno devastato il Vesuvio per quasi due settimane hanno fatto il giro del mondo. Sulle diverse cause scatenanti tanto si è detto e scritto. Ad oggi, quando la situazione è tornata alla normalità, la situazione pare essersi fatta più chiara e i timori che quelle nubi nere potessero nascondere veleni, soprattutto grazie alle inchieste del Corriere, sono stati confermati. Tra le stradine buie e desolate, che letteralmente si immergono nella vegetazione del Parco Nazionale del Vesuvio, sono ben visibili i segni delle ruote di auto che vanno e vengono non per ammirare lo splendido paesaggio ma per abbandonare tonnellate e tonnellate di rifiuti tossici. Lastre di amianto, cumuli di pneumatici, agenti chimici di solventi usati per il trattamento dei prodotti in pelle, un camion e un serbatoio di una motrice sono andati in fumo per giorni, insieme a chi sa quanti altri materiali tossici, avvelenando i residenti dei paesi che avvolgono le pendici del vulcano partenopeo. Una prassi ormai consolidata e di cui si è a conoscenza, un male che purtroppo non si riesce a combattere come si deve. Il sospetto che le fiamme delle scorse settimane servissero per cancellare le prove dell’incessante sversamento dei rifiuti ormai è quasi una certezza.
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Vincenzo Persico
Classe 1991, laureato in Economia Aziendale all’Università Federico II di Napoli ed Esperto Contabile. Interessi particolari : sport, politica e soprattutto economia. Si occupa per il giornale, in particolare, di Tributaria ed economia nazionale.
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