Ci sono voluti 17 anni, ma finalmente Salvatore Vacca ha ricevuto giustizia. Il militare sardo era stato tra le prime vittime della cosiddetta Sindrome dei Balcani, cioè quelle malattie effetto dell’esposizione dei militari italiani all’uranio durante missioni nei paesi dei Balcani coinvolti nelle guerre degli anni ’90. I genitori del caporalmaggiore hanno cominciato la loro lotta il giorno dopo la dipartita del figlio e finalmente ieri si sono potuti dire soddisfatti per l’esito del processo. La Corte d’appello civile di Roma ha ritenuto colpevole il Ministero della Difesa di condotta omissiva condannandolo al pagamento di 1 milione e mezzo di euro come forma di risarcimento. Il risarcimento si aggiunge all’indennizzo già corrisposto alla famiglia del militare pari a 650 mila euro. La mamma di Salvatore, Giuseppina Secci, ha dedicato questa sentenza anche a tutti i militari malati o purtroppo già morti, e alle loro famiglie che ancora lottano per ottenere sentenze che rendano giustizia. Alla base della sentenza c’è la motivazione secondo la quale il Ministero sarebbe stato a conoscenza della pericolosità della missione e di specifici incarichi. Nella fattispecie il caporalmaggiore Vacca guidava mezzi di trasporto militari contenenti munizioni, tra le quali alcune contenenti uranio impoverito, il tutto senza essere avvertito del pericolo e senza essere dotato di adeguate protezioni. La sentenza è la quarantasettesima in ordine di tempo che condanna il Ministero e per questo l’Osservatorio militare, che da sempre si è fatto carico di queste battaglie legali, esprime soddisfazione, auspicando che le affermate sentenze in campo giuridico facciano pressione sul ministro della difesa Pinotti che proprio giovedì prossimo dovrà rispondere ad un’interrogazione parlamentare sull’argomento.
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