L’UNICEF ha annunciato il decesso di almeno 32 civili morti di stenti nella cittadina siriana di Madaya. Tra questi Ali, solo 16 anni, e una fine segnata dall’assedio tenuto dalle truppe governative di Assad e dagli Hezbollah. Solo nell’ultima settimana gli aiuti umanitari dell’ONU sono potuti entrare in città, troppo tardi per Alì e per tutti gli altri morti di stenti. Hanaa Singer, la portavoce UNICEF in Siria, ha denunciato la condizione estrema in cui è costretta a vivere la popolazione, avvertendo la comunità internazionale dell’insostenibilità umanitaria della situazione, e comunicando che a Madaya ci sarebbero una donna al nono mese di gravidanza e un giovane di 17 anni assolutamente bisognosi di essere trasferiti per ricevere cure e cibo adeguati. Stessa identica denuncia arriva anche da Medici Senza Frontiere che sta assistendo quasi inerme al massacro della città. Non è mancata nei giorni scorsi la denuncia del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, il quale ha sottolineato come a Madaya si stia compiendo un grave crimine di guerra e di come nel XXI secolo non sia accettabile che la popolazione civile paghi conseguenze così dure per un conflitto. Madaya infatti non è l’unica città affamata dal regime, ma l’ONU stima che nella regione ci siano 400.000 persone che stanno soffrendo la fame e che il regime di Assad stia utilizzando questa strategia come una vera e propria azione di guerra per portare alla resa le regioni oppositrici. Politicamente la situazione resta ancora estremamente complessa, altre cittadine sono assediate o coinvolte in scontri portati avanti oltre che da Assad anche dai ribelli e dall’Isis. In tutto ciò rientra anche la presenza russa sul territorio siriano; a tal proposito il generale russo responsabile delle operazioni ha dichiarato che oltre ai bombardamenti le forze aeronautiche russe ora devono farsi carico anche di portare aiuti umanitari nelle zone di guerra. Posizione però prontamente criticata dalle potenze occidentali al tavolo delle trattative, che accusano i russi di preoccuparsi esclusivamente della sopravvivenza delle regioni fedeli al regime di Assad, lasciando affamate il resto della popolazione.
di Marco Sigillo
[Foto “La Stampa]