“Fate Presto“. Fu questo il titolo emblematico della prima pagina del Mattino il giorno dopo il tremendo terremoto dell’Irpinia. Il 23 novembre del 1980, 40 anni fa, un sisma di 6.9 gradi di magnitudo (X livello della Scala Mercalli) colpì la Campania e la Basilicata. Causò circa 280.000 sfollati, 8.848 feriti e, secondo le stime più attendibili, 2.914 morti. Il terremoto colpì alle 19:34:53 di domenica 23 novembre 1980: una forte scossa della durata di circa 90 secondi, con un ipocentro di circa 10 km di profondità. I comuni più duramente colpiti furono quelli di Castelnuovo di Conza (SA), Conza della Campania (AV), Laviano (SA), Lioni (AV), Sant’Angelo dei Lombardi (AV), Senerchia (AV), Calabritto (AV) e Santomenna (SA). Gli effetti, tuttavia, si estesero a una zona molto più vasta: molte lesioni e crolli avvennero anche a Napoli, dove a Poggioreale crollò un palazzo in via Stadera, causando 52 morti, in altre province campane e nel potentino, come a Balvano dove il crollo della chiesa di S. Maria Assunta causò la morte di 77 persone, di cui 66 bambini e adolescenti che stavano partecipando alla messa. A Laviano il sisma uccise un quinto della popolazione: 303 deceduti su circa 1500 abitanti.
Dei 679 comuni che costituiscono le otto aree interessate globalmente dal sisma, 506 (il 74%) furono danneggiati. Oltre al danno, però, ci fu anche la beffa. I soccorsi, infatti, furono molto più lenti del previsto. I motivi furono molteplici: la difficoltà di accesso dei mezzi di soccorso nelle zone dell’entroterra, dovuta all’isolamento geografico di molte delle aree colpite e al crollo di ponti e strade di accesso, il cattivo stato della maggior parte delle infrastrutture e, soprattutto, l’assenza di un’organizzazione di Protezione Civile evoluta come quella odierna. Il primo a far presente questa grave mancanza fu lo stesso presidente della Repubblica, Sandro Pertini, che il 25 novembre, nonostante il parere contrario del presidente del Consiglio Forlani e altri ministri e consiglieri, si recò in elicottero sui luoghi della tragedia. Di ritorno dall’Irpinia, in un discorso in televisione rivolto agli italiani, denunciò con forza il ritardo e le inadempienze dei soccorsi, che sarebbero arrivati in tutte le zone colpite solo dopo cinque giorni. Il discorso causò l’immediata rimozione del prefetto di Avellino, Attilio Lobefalo, e le dimissioni (in seguito respinte) del Ministro dell’interno Virginio Rognoni, oltre alla mobilitazione di un gran numero di volontari che, spinti da quelle parole, si recarono sul posto e furono di grande aiuto in particolare.
Un’altra bella storia fu quella dell’Avellino Calcio che, dopo il terremoto, strinse i ranghi e recuperò tutte le posizioni per scalare la classifica verso la salvezza in Serie A nonostante i 5 punti di penalizzazione per il calcio scommesse. La ricostruzione, invece, fu probabilmente uno dei peggiori esempi di speculazione su una tragedia. Come testimoniato da tutta una serie di inchieste della magistratura, durante gli anni si sono inseriti interessi loschi che dirottarono i fondi verso aree che non ne avevano diritto, moltiplicando il numero dei comuni colpiti: 339 paesi in un primo momento, che diventarono 643 in seguito, fino a raggiungere la cifra finale di 687, ossia quasi l’8,4% del totale dei comuni italiani. Il numero dei comuni colpiti fu alterato per losche manovre politiche e camorristiche, lievitando nel corso degli anni. Alle aree colpite, infatti, venivano destinati numerosi contributi pubblici (stime del 2000 parlano di 5.640 miliardi nel corso degli anni) ed era interesse dei politici locali far sì che i territori amministrati venissero inclusi in quest’area. La ricostruzione, nonostante l’ingente quantità di denaro pubblico versato, fu per decenni incompleta, con quartieri in città campane che ad oggi ancora non sono stati pienamente ricostruiti e sono stati attaccati dalla morsa della camorra. Nel 1992 Daniele Martini, su Panorama, racconta: “In Irpinia la Guardia di Finanza scoprì fienili trasformati in piscine olimpiche mai ultimate, o in ville. Individuò finanziamenti indirizzati a imprenditori plurifalliti e orologi con brillanti regalati con grande prodigalità ai collaudatori dello Stato“.